di Gigi Borgiani
Direttore

Anche se un po’ in ritardo l’estate è arrivata, tanto per fare in tempo a lamentarci del caldo, dell’afa, della fatica a recuperare dopo il lockdown, che ha avviato una stagione ben più calda e che sta colpendo tutto il mondo. Il sole di questo tempo ci abbaglia così come ci abbagliano tutte quelle notizie incerte, esasperate che fanno ormai apparire tutto all’ombra dell’economia, di una ripresa che stenta ma che ancora una volta apre le porte a polemiche, indecisioni, battibecchi politici fatti per abbagliare le persone, così non vedono la realtà e sperano solo che il virus passi…

Noi credenti, però, non possiamo lasciarci abbagliare. Qua e là si susseguono sulla stampa i dati preoccupanti relativi al pericolo “miseria e fame” che incombe su milioni di persone. Sì: milioni e milioni, perché nel panorama globalizzato dobbiamo guardare il mondo e non salvare la pelle solo a casa nostra. I lamenti si sprecano; si vorrebbe tutto secondo i desideri, secondo quella normalità presunta che si sta riproponendo con gli stessi schemi di prima. Noi credenti non possiamo fermarci; non possiamo accontentarci di quello che è stato fatto ieri e oggi in questo tempo di pandemia. Guardare al futuro del mondo non deve essere utopia ma responsabilità per la cura della casa comune. Non possiamo permettere di andare avanti inseguendo emergenze, facendo “tapulli” che risolvono poco.

270 milioni: secondo le stime delle Nazioni Unite, sono le persone che, entro la fine dell’anno, saranno in disagio alimentare: l’82% in più rispetto al periodo pre-Covid.
97 milioni sono le persone nel mondo che si trovano in situazione di bisogno alimentare, assistite dal Programma Alimentare Mondiale Onu nel 2019.
138 milioni sono le persone che, in questi mesi a causa della pandemia da Coronavirus, sono assistite dal Programma Alimentare Mondiale.
300% è l’aumento delle persone bisognose di assistenza per il cibo in America Latina tra la popolazione dei centri urbani.

Queste cifre non possono lasciare indifferenti; devono interrogarci a livello personale e soprattutto comunitario. Se desideriamo che le nostre liturgie sospese diventino i momenti in cui apriamo gli occhi e il cuore per farci carico delle sfide del tempo; se il nostro spezzare il pane non vuole solo essere “nostro” ma guardare in faccia i volti della miseria e della fame, è questo il tempo di cambiare atteggiamento, di uscire allo scoperto e denunciare quello che non va. Non incolpiamo il virus dello scenario di oggi: il virus ha solo scoperto il nervo di una indifferenza globale, di un egoismo diffuso, di poteri e connivenze politiche che hanno a cuore tutt’altro che il bene dell’umanità. Se ai dati sopra riportati aggiungiamo il dramma, inammissibile, dei migranti in Libia (situazione denunciata con forza in questi giorni da Papa Francesco) il quadro di un degrado umano, morale, economico, ambientale è completo. Non basta che sia il Papa a denunciare; è la comunità cristiana che si deve opporre a queste tragedie. È la nostra, anche piccola, comunità cristiana (parrocchia) che deve opporsi ai meccanismi di una mentalità contraria all’uomo.

I dati riportati sono una parte di quelli che rileviamo noi a Genova e non possono che dirci che siamo sulla stessa barca. Non quella barca sulla quale ci siamo trovati insieme involontariamente per farci coraggio nei mesi scorsi. Come cristiani siamo sulla stessa barca di quelli che oggi hanno fame (vera!) e che aspettano un pezzo di Pane che deve cadere dalle nostre mense liturgiche!

La campagna avviata in questi giorni da Caritas Italiana insieme a Focsiv (Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario) non è una assistenza emergenziale, strappalacrime, ma è la promozione di un cambiamento delle nostre comunità di fronte ad una crisi umanitaria di dimensioni e complessità inedite: emergenza sanitaria, che si interseca con povertà endemiche, cambiamento climatico, carenze educative. Ci troviamo di fronte a milioni di senza nome, di invisibili senza diritti, senza pane, senza dignità e futuro. Invisibili a Genova come in ogni parte del mondo.

Aprire gli occhi, guardarsi intorno a darsi da fare senza se e senza ma. Non si tratta di raccogliere fondi (anche!) ma di raccogliere responsabilità e buone volontà per cambiare gli atteggiamenti che affamano l’uomo (in tutti i sensi). Cambiare le nostre comunità perché non si contentino delle buone azioni ma si attivino per dare voce a chi non ha voce.

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08/07/2020 – Avvenire – Al via l’iniziativa contro la pandemia della fame. Caritas e Focsiv: il pane per tutti