di Gigi Borgiani
direttore
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Non dimentichiamoci che Sabato 27 Maggio Papa Francesco è venuto a Genova e ha lasciato alla città più di un messaggio. Dico alla città e non alle singole e diversificate realtà che ha incontrato perché le parole pronunciate sono rivolte a tutti e i problemi delle situazioni particolari sono problemi che riguardano tutti. Un po’ come ritornare a quello slogan che contraddistingue l’enciclica Laudato si’: “Tutto è in relazione!” E a specificare quest’ultima affermazione, aiuta ricordare che in apertura dell’incontro all’Ilva, il Papa ha detto: “Ho accolto la proposta di fare questo incontro oggi, in un luogo di lavoro e di lavoratori, perché anche questi sono luoghi del popolo di Dio. I dialoghi nei luoghi del lavoro non sono meno importanti dei dialoghi che facciamo dentro le parrocchie o nelle solenni sale convegni, perché i luoghi della Chiesa sono i luoghi della vita e quindi anche le piazze e le fabbriche. Il mondo del lavoro è il mondo del popolo di Dio: siamo tutti Chiesa, tutti popolo di Dio”. Parole chiare che ci rendono tutti responsabili di tutto. Ai lavoratori all’Ilva Papa Francesco ha ricordato, tra l’altro, che il mondo del lavoro è una “priorità umana” e, pertanto, è una priorità cristiana; che non c’è buona economia senza buoni imprenditori; che l’imprenditore deve essere prima di tutto un lavoratore e non si deve trasformare in uno speculatore.

Il lavoro è il centro di ogni patto sociale: non è un mezzo per poter consumare. Tra il lavoro e il consumo ci sono tante cose, tutte importanti e belle, che si chiamano dignità, rispetto, onore, libertà, diritti, diritti di tutti, delle donne, dei bambini, delle bambine, degli anziani… Se svendiamo il lavoro al consumo, con il lavoro presto svenderemo anche tutte queste sue parole sorelle: dignità, rispetto, onore, libertà. Non dobbiamo permetterlo.” Il Papa ha sottolineato anche il rapporto tra lavoro (“Fratello lavoro”) e festa: “Senza il tempo della festa, il lavoro torna ad essere schiavistico, anche se superpagato; e per poter fare festa dobbiamo lavorare. Nelle famiglie dove ci sono disoccupati, non è mai veramente domenica e le feste diventano a volte giorni di tristezza perché manca il lavoro del lunedì. Per celebrare la festa, è necessario poter celebrare il lavoro. L’uno scandisce il tempo e il ritmo dell’altra. Vanno insieme.” Il lavoro al centro, quindi, e non il consumo che è “idolo del nostro tempo”: tempo che rischia di consumarsi e di consumare l’uomo nei “nuovi templi” aperti 24 ore su 24, centri di consumo puro.

Tra le tante provocazioni, il Papa ha concluso con questa: “La mancanza di lavoro è molto più della mancanza di reddito per vivere. (…) Gli uomini e le donne si nutrono del lavoro e per mezzo del lavoro sono unti da dignità”. Deve essere chiaro, secondo Papa Francesco, che l’obiettivo vero da raggiungere non è il “reddito per tutti”, ma il “lavoro per tutti”! Perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti. Quest’ultimo passaggio rimanda all’introduzione del “Reddito di inclusione”, su cui in questi ultimi mesi abbiamo insistito anche come Fondazione Auxilium e Caritas Genova. Non si tratta di una misura puramente economica ed assistenziale ma di un percorso di dignità che, attraverso inserimenti lavorativi, legittimi forme di reddito e di sostegno economico.

Come per altre questioni, si apre il tempo della responsabilità e della consapevolezza: quante delle nostre comunità, gruppi, associazioni “sono luoghi del popolo di Dio”, che si prendono cura del lavoro e soprattutto di chi non ne ha? Dobbiamo aspettare la visita di un papa che richiama il senso dell’articolo 1 della Costituzione Italiana (“L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”) per pensare di fare qualcosa?

(foto in copertina: www.chiesadigenova.it)