Bastano 40 giorni?

Dopo l’ennesima tragedia del mare in cui la scorsa settimana sono morte oltre 300 persone, il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha detto che “siamo tornati alla situazione precedente alla strage del 3 ottobre del 2013. Così non si può continuare” e ha aggiunto che “quella tragedia non è servita a niente, le parole del Papa non sono servite a niente.

Già, le parole del Papa! Sono sempre parole forti ed incisive. Sono parole che piacciono, che si ascoltano volentieri e però – come già scritto su questo sito – non si mettono in pratica. Se fosse semplice che da una parola potesse scaturire un miracolo… basterebbero le parole di Francesco. Ma così non è ed entra quindi in campo la responsabilità personale. Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma che ci posso fare io, con la questione degli sbarchi, con i profughi, con tutte quelle tristi realtà che affliggono questo nostro mondo alla deriva?” Domanda non lecita perché rimanda a quella globalizzazione dell’individualismo e dell’indifferenza sempre più spesso indicata da Francesco come causa di tanti mali. Aspettare sempre che siano altri a risolvere; commuoversi temporaneamente per poi rinchiudersi in un liberante senso di impotenza equivale ad alimentare l’indifferenza: “Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza” (messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2015)

Certamente il tempo della Quaresima è un tempo favorevole di riflessione, di meditazione, di conversione. Per questo, se non vogliamo ridurre tutto a qualche buon proposito e a qualche gesto di solidarietà in merito ad iniziative proposte a livello di parrocchia, gruppo, diocesi, dobbiamo metterci dinnanzi a Dio e alla storia e provare a rispondere ad alcune domande:

1) abbiamo consapevolezza che la nostra non è una esistenza individuale ma è vita comune, condivisa, fraterna?

2) siamo convinti, ciascuno e tutti, che la comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri ed i lontani” (Messaggio per la Quaresima) e che, quindi, dobbiamo porci in stato di missione?

3) ci decidiamo per una partecipazione responsabile ed attiva alla vita politica del paese per provare a dare risposte concrete a tante situazioni che non possiamo continuare a delegare solo all’aiuto solidale o all’assistenza?

Bastano 40 giorni per un cammino di conversione? Almeno proviamoci!

In conclusione propongo la lettura di alcuni stralci del messaggio del Papa per la Quaresima e del suo video messaggio per “Le idee di Expo 2015“, l’incontro dei rappresentanti nazionali e internazionali in vista dell’Expo che si è tenuto il 7 febbraio scorso

Dal messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2015

Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare.

Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone. Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza. L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione ancheper noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano.

Ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini.

“Se un membro soffre, tutte le membra soffrono” (1 Cor 12,26).

Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso.

 

Dal Video-messaggio di Papa Francesco per l’incontro “Le idee di Expo 2015 – Verso la Carta di Milano” – 7 febbraio 2015

Andare dalle urgenze alle priorità

Abbiate uno sguardo e un cuore orientati non ad un pragmatismo emergenziale che si rivela come proposta sempre provvisoria, ma ad un orientamento deciso nel risolvere le cause strutturali della povertà. Ricordiamoci che la radice di tutti i mali è la inequità (cfr Evangelii gaudium, 202). A voi desidero ripetere quanto ho scritto in Evangelii gaudium: “No a un’economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa” (ibid., 53). Questo è il frutto della legge di competitività per cui il più forte ha la meglio sul più debole. Siamo di fronte alla logica dello scarto; infatti “gli esclusi non sono solo esclusi o sfruttati, ma rifiuti, sono avanzi” (ibid., 53).

È dunque necessario, se vogliamo realmente risolvere i problemi e non perderci nei sofismi, risolvere la radice di tutti i mali che è l’inequità. Per fare questo ci sono alcune scelte prioritarie da compiere: rinunciare all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali della inequità.

 

2) Siate testimoni di carità

“La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità perché cerca il bene comune”. Dobbiamo convincerci che la carità “è il principio non solo delle micro-relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro­-relazioni: rapporti sociali, economici, politici” (ibid., 205).

Da dove dunque deve partire una sana politica economica? Su cosa si impegna un politico autentico? Quali i pilastri di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica? La risposta è precisa: la dignità della persona umana e il bene comune. Purtroppo, però, questi due pilastri, che dovrebbero strutturare la politica economica, spesso “sembrano appendici aggiunte dall’esterno per completare un discorso politico senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale” (ibid., 203). Per favore, siate coraggiosi e non abbiate timore di farvi interrogare nei progetti politici ed economici da un significato più ampio della vita perché questo vi aiuta a “servire veramente il bene comune” e vi darà forza nel “moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo” (ibid.).

3) Custodi e non padroni della terra

Ricordo nuovamente, come già fatto alla FAO, una frase che ho sentito da un anziano contadino, molti anni fa: “Dio perdona sempre, le offese, gli abusi; Dio sempre perdona. Gli uomini perdonano a volte. La terra non perdona mai! Custodire la sorella terra, la madre terra, affinché non risponda con la distruzione” (Discorso alla FAO, 20 nov. 2014).

Dinanzi ai beni della terra siamo chiamati a “non perdere mai di vista né l’origine, né la finalità di tali beni, in modo da realizzare un mondo equo e solidale”, così dice la dottrina sociale della Chiesa (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 174).

Ecco dunque tre atteggiamenti che vi offro per superare le tentazioni dei sofismi, dei nominalismi, di quelli che cercano di fare qualcosa ma senza la concretezza della vita. Scegliere a partire dalla priorità: la dignità della persona; essere uomini e donne testimoni di carità; non aver paura di custodire la terra che è madre di tutti.