di Luigi Borgiani, direttore
Uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare: sono i punti fondamentali (le cinque vie) su cui si confrontano e riflettono da oggi, 9 Novembre e fino al 13 Novembre, i delegati al V Convegno Ecclesiale Nazionale, che si tiene a Firenze, con il titolo “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Sono verbi tratti dalla esortazione “Evangelii gaudium” di Papa Francesco. In quanto verbi, come sappiamo indicano azione, movimento e sollecitano la Chiesa ad ascoltare e camminare con l’uomo di oggi. Sono verbi, temi, vie che interessano e coinvolgono tutti e ciascuno; sono personali e comunitari nello stesso tempo e in quanto tali riguardano anche noi, Auxilium, Caritas, le cooperative e i volontari perché insieme siamo quotidianamente chiamati a dare un volto dignitoso alla storia, a offrire gesti che riabilitino ogni creatura, degna di questo nome, ad una vita piena di senso, di umanità.
Ad uno sguardo superficiale “annunciare e trasfigurare” sembrerebbero rivolti solo ai credenti, a coloro che per scelta convinta si sforzano di vivere seguendo gli insegnamenti del Vangelo. Coloro che in Cristo agiscono a favore del bene salvifico di tutti. Ma sono convinto che in tutti ci sia uno spazio, un atteggiamento del cuore che conferisce all’operare per le tante situazioni di disagio e difficoltà un significato che va la di là delle nostre azioni e le trasforma in segni di vita. La nostra esperienza è sempre un misto di relazioni umane e spirituali. In fondo, accompagnando le persone di ogni giorno, non cerchiamo, tutti, di dare risposte, sollevare, fare giustizia e non solo di dare un tetto, un piatto caldo, un vestito?
La missione della Chiesa è quella di annunciare Cristo, Parola di vita in un mondo in cui sono in atto profonde trasformazioni sociali, politiche economiche, tecnologiche e religiose. In questo mondo non è cosa semplice evangelizzare ma le nostre opere sono segno di una volontà che non mira solo e tanto al progresso, allo sviluppo generico e non uguale per tutti ma che spinge verso l’uomo il quale deve, e può, ritornare al centro. Uomo come soggetto e non entità esclusa o soggiogata a quello che, nell’enciclica “Laudato si’”, il Papa definisce “paradigma tecnocratico”.
Ribadisco ancora: sono convinto che “dentro” al nostro agire, “dentro” ciascuno di noi ci sia comunque quella dimensione interiore che, passando attraverso il “bene comune” e la “casa comune”, aiuta ogni persona incontrata e aiutata a riprendere il dialogo con Dio. Il nostro dialogo con l’uomo è via perché quest’uomo possa incontrare Dio. Poi ci sarà tra noi chi trova nella vita spirituale, nella preghiera la forza, la luce per operare sempre in modo coerente e testimoniante, cercando di imitare i gesti quotidiani di Gesù che esce di casa, che incontra, che siede a tavola, che prega, che guarisce. Ma l’agire in modo organico e condiviso nelle nostre opere quotidiane (lavoro, servizio, volontariato per gli ultimi) contribuisce ad aiutare tutti per un cammino di umanità.
Sugli altri verbi, le altre “vie” vorrei dire:
- “uscire” è un verbo caro a Papa Francesco. Significa andare incontro, andare alle periferie, agire. Ma anche in questo caso, se non vogliamo ridurre tutto ad una serie di azioni, è necessario un moto del cuore. Partire cioè dall’uscire da noi stessi, dai nostri programmi, dalle nostre sicurezze, dai nostri modi di vedere per “stare” davvero con gli altri, per saper ascoltare e condividere. Stare con gli altri, soprattutto con chi è a rischio di esclusione o è già escluso, come si sta a casa propria. Ovvero in un luogo di famiglia, di affetti, di relazioni dove il tetto è importante ma lo è ancora di più il modo in cui si abita;
- “abitare” riassume un po’ tutto il senso del creato e dell’umanità. Abitare il mondo, la città degli uomini significa dare un tetto al mondo, ovvero radunare nel calore della familiarità tutta l’umanità: i nostri piccoli gesti, i nostri “servizi” quotidiani sono il contributo per costruire questo grande tetto che si regge sui pilastri dell’amore, della giustizia, della pace, della solidarietà, della convivialità;
- ci rendiamo conto del grande valore aggiunto del nostro essere ed operare per gli altri. Un lavoro/servizio spesso silenzioso, nascosto ai più ma che ha una grande valenza culturale oltre che sociale. Un lavoro/servizio che dice con i fatti che è possibile recuperare un mondo umano non lasciato in balìa di uno sviluppo insostenibile, di un consumismo illusorio che si perpetua nonostante la crisi, di una concezione della vita banalizzata. Come ci richiama il Papa nella “Laudato si’”, siamo noi, oggi, gli operatori di quella ecologia culturale ed educativa necessaria per una nuova umanità. Per questo dobbiamo educare a nuovi stili di vita, a cambiare le abitudini di consumo, ad una nuova sensibilità per l’ambiente, alla distribuzione dei bene della terra, alla continua creazione di relazioni e di inter-generazionalità, alla politica. “Non si tratta tanto di parlare di idee, quanto soprattutto delle motivazioni che derivano dalla spiritualità al fine di alimentare una passione per la cura del mondo. Infatti non sarà possibile impegnarsi in cose grandi soltanto con delle dottrine, senza una mistica che ci animi, senza «qualche movente interiore che dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all’azione personale e comunitaria». Dobbiamo riconoscere che non sempre noi cristiani abbiamo raccolto e fatto fruttare le ricchezze che Dio ha dato alla Chiesa, dove la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda. Se «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore” (Laudato si’, 216-217).