I mercoledì di Quaresima
Don Jorge Romeo Lopez
Cappellano Comunità di Sant’Egidio
Mercoledì 17 Febbraio
La prima lettura di oggi, tratta da Giona (Gio, 3,1-10), ci aiuta ad entrare “nella città”, a camminare in essa e a farlo con occhi nuovi. Ci viene chiesto di guardare la città, di accorgerci di quello che in essa succede. Sentiamo che Dio cerca e manda i profeti come apostoli della pace, perché il mondo ha bisogno di rinascere e questo può avvenire attraverso uomini spirituali, miti e pacifici. Servono persone che sappiano rivolgersi al cuore della gente e, con fede ed esperienza, sappiano ridare anima alla città, a questa città.
Di Giona sappiamo che è un uomo che non si appassiona a nulla se non a sé stesso. Egli non vuole vedere la città, non se ne vuole interessare. Dio “vede” che la città di Ninive si avvia alla rovina ma Giona considera inutile appassionarsi a quella gente. Tante volte anche a noi il bene che possiamo fare sembra piccolo ed inutile davanti ai tanti grandi mali che vediamo nel mondo. La misericordia sembra troppo debole e la nostra città può apparirci disumana. Il re di Ninive, però, dopo aver ascoltato Giona reagisce positivamente alle parole di Dio, comprende la rovina e cambia atteggiamento. Così anche noi possiamo pensare a quanto sono importanti i gesti, gli atteggiamenti e le parole dei cristiani. Spesso piccoli ma con una forza di bene molto consolante. Quando un povero può colmare la sua fame e la sua sete, oggi non solo fisica ma soprattutto interiore, una fame che è solitudine, allora capiamo quale grande ricchezza possa esprimere la comunità cristiana. Quanto è importante che la Chiesa sia una grande famiglia che non si chiude ma si apre per colmare la fame e la sete di tanta gente.
L’Anno della Misericordia è dunque un tempo propizio per riflettere su tutto questo e c’è una considerazione particolare da fare al proposito: esso è stato preparato con poco anticipo rispetto agli altri Anni giubilari precedenti. È come se la Chiesa ci dicesse la straordinaria urgenza di rispondere alla perdita di capacità di compassione che il mondo patisce. Il Giubileo vuole essere una risposta a questo svuotamento di amore e di compassione della città e del mondo.
La parola misericordia vuol dire appunto compassione, avvicinare il nostro cuore a tutti e in particolare a chi soffre di più. L’evangelista Luca ci narra che Gesù, nella sinagoga, inaugura un anno di grazia citando un piccolo elenco di opere di misericordia che consistono nel liberare gli altri da una condizione di tristezza. Anche nel capitolo 25 di Matteo, in cui si descrive il giudizio finale, c’è un elenco di sei opere di misericordia. Matteo ci mette davanti sei necessità di fronte alle quali tutti i popoli, nell’ultimo giorno, saranno giudicati, a prescindere dalla fede e dalla cultura. Gesù esprimerà un giudizio non particolarmente lungo e complesso, che non riguarda la fede ma l’amore. Possiamo anche noi pensare a tante persone non credenti che però fanno del bene. La domanda centrale è l’amore, la capacità di fermarsi, di chinarsi, di commuoversi davanti alle persone ferite dalla vita, di soccorrere un povero e rimanere fedele a quel rapporto che si crea. Il giudizio dunque esprime il fatto che la salvezza riguarda più l’amore che la fede.
La fame è uno dei tratti più drammatici della povertà. Ogni giorno muoiono di fame 40mila persone nel mondo. Malgrado ci siano risorse per tutti. Ma il materialismo e la speculazione fanno del nostro mondo un grande mercato senza anima. La distribuzione del cibo è inadeguata e ingiusta. Nell’ultimo giorno, gli uomini che avranno compiuto gesti anche semplici verso i poveri, gesti comunque utili e decisivi per sé e per i poveri, questi uomini saranno benedetti da Gesù. Quanti lazzaro nelle nostre strade con cui possiamo entrare in relazione! Quanto spesso nelle nostre mense facciamo opera di misericordia, opera che è una denuncia contro il mondo materialista! E così la sete. Pensiamo alla sua attualità considerando che l’80 per cento delle malattie nel mondo è legato all’uso di acqua sporca, alla mancanza di acqua potabile. Anche qui nelle nostre città, quanti famiglie rom vivono senza acqua pulita. La “Laudato si’” di Papa Francesco offre ricchi spunti anche su questo tema.
La sfida che questa Quaresima e questo Giubileo ci pongono davanti, in conclusione, è andare davvero alla ricerca dell’umano, sapendo che ogni nostro gesto anche piccolo, a partire da quelli posti a beneficio del povero, conta ed è davvero decisivo.