di Gigi Borgiani
Direttore

Le gravi crisi economiche, finanziarie e politiche non cesseranno fino a quando permetteremo che rimanga in letargo la responsabilità che ognuno deve sentire verso il prossimo ed ogni persona”. Oggi alle già complesse realtà di crisi citate da Papa Francesco nel messaggio per la IV Giornata Mondiale dei Poveri, che celebriamo Domenica 15 Novembre, dobbiamo aggiungere tutto quello che deriva dalla pandemia che, a ben vedere, sintetizza gli aspetti sottolineati dal Papa. Sappiamo bene quanto la pandemia stia incidendo sull’aumento della povertà. Tutto quanto è stato fatto e si sta facendo in questi mesi e che chiamiamo “solidarietà” (nelle sue varie e molteplici espressioni) è senza dubbio segno di condivisione e responsabilità. Ma non basta, soprattutto se resta limitato all’emergenza. Questa passerà ma lascerà nei nostri territori una lunga scia di mani che si tendono. Pur nella difficoltà del momento, accentuata dalle limitazioni all’incontrarsi, dobbiamo sfuggire alla tentazione del chiudersi, del rassegnarsi in attesa di un segno di speranza che arriva dal cielo anche in risposta alla nostra preghiera silenziosa che non deve comunque mancare. Non serve stare con naso all’insù ma chinarsi su chi tende la mano oggi per passare ad un domani meno faticoso.

Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire ad eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale? La comunità cristiana è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione, nella consapevolezza che non le è lecito delegarla ad altri. E per essere di sostegno ai poveri è fondamentale vivere la povertà evangelica in prima persona. È vero, la Chiesa non ha soluzioni complessive da proporre, ma offre, con la grazia di Cristo, la sua testimonianza e gesti di condivisione. Essa ha il dovere di presentare le istanze di quanti non hanno il necessario per vivere. Ricordare a tutti il grande valore del bene comune è per il popolo cristiano un impegno di vita, che si attua nel tentativo di non dimenticare nessuno di coloro la cui umanità è violata nei bisogni fondamentali. Questo è un tempo favorevole per «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo […]. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà […]. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente» (Laudato si’, 229).

Più chiaro di così! Dobbiamo trovarci per riflettere ed agire. A parte il non trascurare le esigenze del momento, c’è una strada che possiamo percorrere e che è in perfetta sintonia con quanto ci è stato proposto dalla Laudato si’. Sono i “17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ONU” presentati dalla “Agenda 2030”. Fame, povertà, salute, istruzione, inclusione, giustizia, beni comuni (acqua e terra), economia, modelli di produzione e consumo… Siamo di fronte ad un ampio scenario dove tutti noi, insieme come comunità cristiana, possiamo agire con impegno e responsabilità in risposta alle sollecitazioni di Papa Francesco sopra riportate.

Non sprecare questo tempo favorevole può essere l’inizio di una nuova responsabilità. Le limitazioni agli spostamenti possono offrire spazi in cui ognuno può confrontarsi con i 17 Obiettivi e scegliere quello più attinente alla propria competenza e disponibilità, può condividere, può contagiare gli amici della comunità e preparare il tempo nuovo che verrà e che non deve sorprenderci in letargo. I mezzi di comunicazione ci sono e devono andare ben oltre il dirci “ce la faremo”, “siamo tutti sulla stessa barca”, “passerà” o il cinguettare commenti superflui e opinioni che svaniscono e non vanno al di là del proprio cellulare. 

Connettere la Giornata Mondiale dei Poveri con Agenda 2030 ha senso perché ci invita non a pensieri ed azioni di buon cuore (il “servizio” a chi è nella fragilità e nel disagio è attivo sempre, H24, 365 giorni all’anno!). Prendere coscienza che le gravi questioni del tempo presente (che altro non sono che il prolungamento di realtà purtroppo non nuove) non si affrontano con interventi estemporanei ma necessitano di nuovi sguardi, di nuovi orizzonti, richiede impegni culturali, di relazione, di responsabilità che superano le reazioni (spesso emotive) ai fatti che fanno più rumore. Ancora una volta ci diciamo che o la comunità cristiana si sveglia o ci adattiamo ad un individualismo (anche comunitario) che mette all’angolo e ai “margini” la Chiesa ed il suo inequivocabile messaggio.