di Mirco Mazzoli
“Forse non ci conosciamo, ma ci riconosciamo.” E’ un passaggio centrale dell’omelia di S.E. Card. Angelo Bagnasco per il Giubileo con le persone senza dimora e rifugiate cristiane, celebrato Lunedì 7 Novembre, nella Cattedrale di San Lorenzo. Tre i messaggi portanti della sua riflessione: la confidenza nella Misericordia di Dio, quali che siano gli errori della vita; il prendere dimora in Lui che è unica e vera casa per tutti; l’appello per soluzioni sociali radicali affinché “la dimora sia di tutti e ogni paese possa essere casa per tutti”. E’ però in quell’accenno al riconoscersi – “Ci riconosciamo come figli di Dio”, per l’esattezza – che l’Arcivescovo sintetizza lo spirito di questa speciale giornata giubilare, promossa dalla Vicaria per il servizio e la testimonianza della Carità e condivisa da tutte le organizzazioni ecclesiali che sono vicine alle persone gravemente emarginate. Per l’occasione, infatti, la Cattedrale è piena di gente che si è riconosciuta fragile e bisognosa di consolazione e questa scoperta non è solo di chi ha chiesto aiuto, ma anche di chi lo ha offerto. E’ la fragilità dell’uomo, di ogni uomo, la via sulla quale i due si sono incontrati e riconosciuti e che li ha portati a celebrare il Giubileo. Fianco a fianco, persone senza dimora, rifugiate, sacerdoti, volontari, operatori sociali, sostenitori, hanno imparato a riconoscersi non solo per nome, ma per “elezione”. La via sulla quale camminano va da Gerusalemme a Gerico: c’è chi è caduto e chi, per grazia, si è fermato. A costoro Gesù ha assegnato un nome: sono “prossimi”. Ecco perché, in questa circostanza, si è preferito parlare di un Giubileo ‘con’ e non ‘delle’ persone senza dimora e rifugiate. Al centro sta la relazione, che è parola fondamentale nel vocabolario dell’aiuto. E forse anche per questo la tensione silenziosa, raccolta, quasi stupita di trovarsi in Cattedrale (con tanti preti e diaconi all’altare, il Coro della Cattedrale accompagnato da quello di alcuni ragazzi rifugiati, la traduzione in inglese e francese, persino i giornalisti) si è sciolta con maggiore evidenza quando il diacono ha invitato l’assemblea a scambiarsi un gesto di pace: in quel cercare le mani degli altri vi era la voglia di ritrovarsi, confermarsi fiducia, provare a credere davvero che la misericordia di Dio passa di persona in persona, abbatte le separazioni, è per tutti.
“Siamo qui insieme, tutti quanti – ha ricordato il Card. Bagnasco -. E’ un momento di grazia che spero ci faccia sentire un po’ di calore al cuore. Tutti abbiamo bisogno innanzitutto della misericordia di Dio, perché tutti siamo peccatori davanti a Lui, Padre dell’umanità e destino della nostra vita terrena. Tutti siamo così fragili, dobbiamo lottare ogni giorno con le nostre miserie personali e abbiamo bisogno di sentire il suo sguardo, di amore e di misericordia. Siamo qui per questo. Cari amici, forse non ci conosciamo ma ci riconosciamo gli uni gli altri come figli di Dio, guardati e amati da questo unico sguardo che abbraccia ciascuno di noi e che ci vuole dire: ‘Coraggio io sono con te, ti perdono, sentiti abbracciato dalla mia misericordia’.” Dio vuole rompere la nostra solitudine: in essa ci chiudiamo e ci arrendiamo. “La solitudine dell’anima uccide più della malattia del corpo – afferma l’Arcivescovo -. Il sentirsi soli di fronte alle sventure è veramente morire, diventare incapaci di reagire e di lottare, di avere fiducia e di credere al futuro. Oggi siamo qui anche per questo. Tutti abbiamo bisogno di pregare, di sentire lo sguardo di Colui che è al di sopra di noi. Come è bello che ci sia qualcuno che è al di sopra di noi, non per schiacciarci ma per elevarci, non per umiliarci ma per abbracciarci e farsi sentire vicino, per portare con noi le nostre croci! Abbiamo bisogno di sentire la maestà e la grandezza di Dio per godere della sua vicinanza e per non sentirci soli, per abitare nella sua dimora. Il suo amore è la vera dimora, che ci precede e che è premessa di ogni altra dimora e patria. E questo bisogno è certamente di chi tra voi, cari amici, non ha più una casa o una patria ma vale per tutti, anche per chi ha una dimora materiale, perché tutti possiamo perdere la dimora interiore. E perdere la dimora di Dio significa svuotare le nostre dimore terrene, significa il deserto.”
Infine il richiamo sociale, lo sguardo rivolto alle cause dell’emarginazione e alle politiche che sarebbero necessarie: “Siamo qui anche per richiamare e scuotere lo sguardo del mondo. Perché le vostre indigenze sono causate dagli uomini. Se la gente deve fuggire dal proprio paese in cerca di fortuna, come anche gli italiani hanno dovuto fare in passato, o se molti non hanno un tetto sicuro, vuol dire che qualcosa non va e che queste situazioni di solitudine e sbandamento devono essere corrette. Cari amici, siamo in Cattedrale, cuore pulsante della fede cristiana della nostra diocesi, perché ci sono sacerdoti e volontari che si sono messi al vostro fianco e che cercano di accompagnare i vostri passi. Dietro di loro ci sono comunità cristiane e tante persone buone e giuste che cercano di aiutarvi. Ma tutto questo non basta, perché tutti sappiamo che siamo dentro a dinamiche ben più ampie di noi. Vogliamo allora richiamare tali dinamiche perché giungano a soluzioni radicali affinché la dimora sia per tutti e ogni paese sia casa per tutti. Preghiamo e camminiamo insieme mettendo ognuno la propria volontà e il massimo di sé stesso: anche il poco che noi facciamo insieme agli altri può far miracoli per tutti.”
Al termine della S. Messa il Card. Bagnasco ha consegnato a quanti lo hanno desiderato un piccolo crocifisso in legno, segno e ricordo di questa speciale giornata. Poi l’Arcivescovo ha partecipato con tutti gli altri alla cena allestita presso il Chiostro del Museo Diocesano.