di Daniele Di Pompeo
operatore Coop. Soc. Il Melograno#iorestoacasa. Nell’Area Persone Senza Dimora della Fondazione Auxilium è un po’ complicato seguire l’hashtag più in voga e sopratutto la disposizione sanitaria più importante di questo periodo. La motivazione, diciamo, si trova nella definizione stessa dell’area: “senza dimora“. Appunto. Per restare a casa, occorre avercela. E per chi non ce l’ha, ma sente e vive come casa propria i nostri servizi, occorre, come ci ripetono i Tg, un cambio del proprio modo di vivere. Noi, operatori della Coop. Soc. Il Melograno e Volontari per l’Auxilium, abbiamo tentato da subito di adeguarci, pur nella colpevole dimenticanza in cui i decreti di questi giorni, a partire dal primo, ci hanno lasciato. Non è una novità per la parte invisibile del mondo che rappresentiamo ma, insomma, l’abitudine a dolori di questo tipo non la faremo mai.

Cambiamento dei modi di vita, si diceva, e la prima differenza è stata la chiusura dei nostri servizi diurni – l’accoglienza pomeridiana in Casetta e le Docce – alle persone non già accolte nei servizi residenziali all’atto dei decreti restrittivi.

Quindi, è arrivata la rivoluzione della Mensa, con la distribuzione di pasti da asporto. “Ma dove vado, mi metto con vaschetta di minestrone e cucchiaio sul marciapiede?” Dolore su dolore. A noi non resta che riformulare il servizio per cercare la quadratura del cerchio: stringere i perimetri per esigenze sanitarie cercando di non lasciare nessuno senza assistenza primaria e senza almeno uno scampolo di vicinanza.

È arrivata quindi la sofferta chiusura anticipata del Dormitorio per l’Emergenza Freddo, perché l’ambiente non era più in grado di rispettare le distanze minime tra i letti. “Ma dove vado? Non doveva essere aperto fino a fine marzo?” Dolore su dolore. E allora cerca in 24 ore di ricollocare queste persone, perché non tornino a dormire in strada: in piccoli gruppi, riusciamo ad accoglierli in altri ambienti del Monastero, con le giuste misure di sicurezza, e presso la parrocchia delle Vigne del Vescovo Nicolò.

E i nostri dormitori stabili? Quelli aperti ogni giorno, anzi ogni sera dell’anno? Beh semplice: sono davvero aperti anche ogni giorno, adesso. Tutto il giorno. #iorestoindormitorio è ormai la nostra versione del tormento che ci accomuna. I nostri ospiti possono, anzi devono restare in struttura 24 ore al dì e la profilassi qui significa convivenza forzata, nuove forme di socialità, col denominatore comune del metro di distanza. Dolore su dolore. In forme e modi nuovi.

E attorno, dentro a tutto questo, le vite, le paure, i dubbi di chi vuole, di chi deve sventolare una bandiera ostinata e contraria, come diceva quello. Gli operatori, costretti a reinventare i propri turni e il proprio lavoro in giornate in cui occorre già reinventare tutta la vita. I volontari, che decidono di mantenere il punto fermo della loro attività dentro allo sconquasso generale. Per ognuno di noi, di fronte ai nostri compiti, la scelta obbligata che quotidianamente si riafferma – credetemi non sempre serena, anzi quasi mai – è #iononpossorestareacasa.

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Foto: Foto Jonathan Rados – Unsplash