di Giulia D’arrigo
operatrice coop. soc. Il Melograno

No ciccia, sono dieci anni che non vedo la neve, io oggi vado a prendere il bob.
Il ragazzo sulla funicolare saltella da un piede all’altro senza poter trattenere l’eccitazione, s’incanta a guardare il turbine di fiocchi bianchi oltre il finestrino e supplica il suo amore di fare a palle di neve. Lo ascolto con un sorriso, buttata sul sedile. Uno dei miei ragazzi mi si avvicina, ride.

Poi non ti fanno entrare sull’autobus, così!
E mi sbatte via la neve dal cappuccio con il dorso della mano. Rido anch’io. La sciarpa è un blocco di ghiaccio, ho i capelli fradici, il naso rosso. Abbiamo fatto a palle di neve appena scesi dalla funicolare, senza pietà. Al primo inseguimento ho tentato anche un imbarazzante abuso di potere urlando “Sono la tua educatrice”, ma al “Qui, no” ho riposto la bandiera bianca e partecipato alla guerra.

Però guarda, sta gente, per essere la prima volta che vede la neve, ha imparato subito a maneggiarla.
Però guarda, sta gente, guardali lì, che si dimenticano per qualche minuto di tutti i loro casini, delle loro storie, e corrono, sagome scure contro un mondo bianco.
Però guarda, sta gente, hanno così tanto entusiasmo, sono così tanto bambini adesso, davanti alla loro prima neve, che va a finire che fanno ridere anche me.

E poi guardalo, questo ragazzo, che chissà quante ne ha viste prima di arrivare qui e nel mezzo della battaglia si gira, mi guarda ed è tutto un sorriso e alza le mani al cielo e urla “La vita è bella”, ed ecco, mi fa pensare che nell’ultimo periodo mi è capitato di chiedermi perché faccio questo lavoro e nell’ultimo periodo mi pare che un sacco di gente ce la stia mettendo tutta per farmelo chiedere, ma chi te lo fa fare di fare proprio questo, di farlo adesso.

Ecco, me lo fa fare lui, che offre il viso ai fiocchi di neve e urla che la vita è bella. E se non basta questo, che altro serve?