di Luigi Borgiani, direttore
…e noi a Genova ci siamo uniti a lui durante la Veglia di preghiera di Domenica scorsa. Un momento semplice di comunione, di condivisione in cui abbiamo proclamato che solo con la Misericordia è possibile vincere le paure, far tacere le armi, sopire egoismi ed interessi; in cui abbiamo chiesto al Signore che diriga sempre i nostri passi sulla via della pace. Una pace innanzitutto interiore, capace di riflettere stili di vita equilibrati, generatori di armonia, di reciprocità, di relazioni costruttive. Iniziamo così l’anno della Misericordia con lo straordinario evento dell’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Bangui (Repubblica Centroafricana). Evento simbolico ma molto significativo che manifesta la vicinanza della Chiesa al continente Africano afflitto da troppa violenza, da guerre civili (spesso mascherate da motivazioni religiose), da continui saccheggi, da un degrado che alimenta la povertà e rallenta opportunità di crescita. Il popolo africano per primo ha accolto, in questo anno giubilare, un Papa, un uomo disarmato e con lui ha accolto l’invito ad essere testimoni di misericordia, di riconciliazione, di perdono. Sono le parole, sono i gesti, le scelte dell’andare controcorrente, del coraggio di proclamare valori e di vivere ideali che a partire dai piccoli gesti di ogni giorno, nelle nostre periferie materiali e morali, possono contribuire ad influire su cambiamenti positivi nelle grandi periferie del mondo.
Lunedì 30 Novembre, il Papa ha visitato anche la Moschea centrale di Bangui, sostandovi in preghiera. Anche questo un profondo gesto di unità che ripropone il vivo desiderio di pace che abbiamo colto dalle numerose manifestazioni di solidarietà reciproca avvenute nei giorni successivi ai fatti di Parigi: un preciso messaggio al mondo. Non tollerare la violenza; non tollerare la violenza in nome di Dio. “Restiamo uniti – ha detto il Pontefice in questa occasione – perché cessi ogni azione che, da una parte e dall’altra, sfigura il volto di Dio e ha in fondo lo scopo di difendere con ogni mezzo interessi particolari, a scapito del bene comune. Insieme, diciamo no all’odio alla vendetta, alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Salam.”
Questo viaggio in Africa apre una Porta Santa di misericordia ma apre soprattutto alla speranza. La speranza di una grande rete di amore e di comunione per sconfiggere il male, per un mondo accogliente e unito e non diviso e lacerato da miseria e guerre. Il Papa ha incontrato milioni di persone assetate di giustizia: ancora una volta, come nella altre visite, ha avvicinato poveri e diseredati. Ancora una volta è un esempio per noi.
Il momento di preghiera che abbiamo vissuto insieme, promosso da tante realtà diverse della nostra Diocesi, ci unisce anche nello spirito dell’Avvento e del Natale. Condividiamo così non una serie di coincidenze ma una serie di opportunità che possono davvero cambiarci per cambiare.
Il Papa in Africa ci fa riflettere anche sull’Africa (e non solo) di casa nostra. Sulle migliaia di persone profughe che hanno dovuto lasciare l’Africa e cercano da noi rifugio, protezione, accoglienza, futuro. Questo, per quanto ci è possibile, cerchiamo di offrirlo, ma abbiamo anche il compito e la responsabilità di lavorare perché in Africa si creino condizioni di vita che evitino le fughe, gli sradicamenti, le separazioni familiari. È nostro dovere creare queste condizioni perché l’Africa non sia una terra violentata, depredata e deprivata, desertificata non solo come ambiente ma come persone. L’Africa deve vivere libera. Per questo uno dei tanti impegni che ci vedrà (e già ci vede) protagonisti coerenti e generosi in questo anno della Misericordia dovrà essere rivolto all’Africa, al Mediterraneo, a questa parte di mondo che ci riguarda e che ci guarda con gli occhi della speranza.