di Gigi Borgiani
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La globalizzazione è come il Vangelo: o tutto o niente! Come non possiamo tenere bene a mente e mettere in pratica alcuni insegnamenti del Vangelo a scapito di quelli un po’ più scomodi che spesso cerchiamo di addomesticare perché ci pungono sul vivo, così dobbiamo reagire alle questioni della globalizzazione. Se di questa accettiamo gli ampi fenomeni legati alla unificazione dei mercati a livello mondiale a loro volta permessi dalla diffusione delle innovazioni tecnologiche; se accettiamo i modelli di consumo e produzione sempre più uniformi; se accettiamo l’accelerazione di scambi di merci e di finanza e l’invasione dell’informazione, non possiamo non considerare gli aspetti culturali e sociali che la globalizzazione comporta.

A tutti piace l’idea, il fascino del progredire, del “sempre meglio e di più”, ma dobbiamo pur fare i conti con la sostenibilità del nostro progresso (e per sostenibilità intendiamo la possibilità di soddisfare le esigenze dell’attuale generazione senza compromettere quelle delle generazioni future) e soprattutto dobbiamo verificare se quel “sempre meglio e di più” non sia la causa di quelle zone d’ombra che facciamo finta di non vedere, ovvero disuguaglianze, conflitti, ingiustizie, inquinamento, danni climatici etc. Alla grande espansione della globalizzazione dobbiamo far corrispondere anche una ridimensione, personale e comunitaria, locale e globale. Passare dal sogno spesso illusorio alla realtà  e, soprattutto, non storcere il naso se alcuni aspetti del fenomeno globale sembrano intralciare il nostro passo.

Tra gli aspetti fastidiosi quello delle migrazioni è forse il più rumoroso anche perché macchiato da una informazione incompleta e molto spesso scorretta, utilizzato a fini di consenso basato appunto sulla disinformazione e su paure create ad arte. L’attuale ondata migratoria è una novità e un fenomeno senza precedenti, di fronte al quale ci siamo trovati impreparati, politici e cittadini, materialmente e spiritualmente. Tanto è vero che anche nell’ambito dei cristiani si nota una certa insofferenza dal momento che quasi improvvisamente  “l’accogliere lo straniero” ha invaso la sensibilità di molti  e spinge a considerare estranei e disturbatori coloro che bussano alla porta, perché fuggiaschi da un mondo impossibile. Spaventano le differenze, i modi di comportarsi, le storie purtroppo vere che rischiano di intralciare le nostre vite in progresso. Si cercano scuse e giustificazioni ridicole: i migranti portano malattie, rubano il lavoro… I migranti, tuttavia, ci fanno ‘anche’ comodo: da un lato, per creare consenso politico; dall’altro per soddisfare la manodopera di lavori scomodi e malpagati e per garantire un domani la forza lavoro giovane che mancherà a questo nostro paese sempre più “vecchio” e sempre meno prolifico.

Qualche mese fa in città si è accesa la miccia dell’accattonaggio ma forse sarà capitato a tutti di incrociare sguardi di giovani con il berretto in mano che salutano e ringraziano con il sorriso, con discrezione, quasi a dire “scusa il disturbo”. Per alcuni di questi giovani anche pochi centesimi possano far comodo (a meno che non si tratti di una schiavitù o di sfruttamento purtroppo esistente)  ma a loro interessa ricevere in cambio un sorriso di speranza, un sorriso di futuro. A coloro che sono disturbati diciamo: vieni a vedere le nostre scuole (dove si insegna italiano ed educazione civica, dove ci si scambia cultura); vieni a conoscere giovani picchiati per mesi in Libia e che ora, con un papiro legale in mano, lavorano come cuochi; vieni a vedere giovani che stanno imparando a coltivare.

Il Vangelo ci invita ad accogliere, ad unire e non a dividere. Molti anni fa A. Pronzato scrisse “Vangeli scomodi” – trentuno edizioni in italiano, tradotto in venti lingue – un libro che indica che impostare diversamente la propria vita è possibile e che la gioia nasce dall’esperienza del “più difficile”, e comunque, non si trova sul versante della comodità. Un libro coraggioso e che invita al coraggio. Ci vuole coraggio, infatti, ad affrontare un vangelo scomodo e oggi il vangelo scomodo è quello di stare dentro alla globalizzazione con il Vangelo, anzi portare il Vangelo nella globalizzazione. Difficile ma non impossibile, ad iniziare dal considerarci migranti tra e con i migranti che non sono altro che una opportunità per “migrare” da una vita comoda ad una vita che sa di Vangelo, da una vita individualista e rinchiusa su sé stessa ad una universalità fraterna dove non ha senso l’avere ma l’essere.