IV mercoledì di Quaresima
Don Gianni Grondona
aiuto pastorale Comunità S. Benedetto al Porto
Mercoledì 9 Marzo

La pagina del Vangelo di oggi (Gv 5,17-30) è un po’ complicata ma è preparata dalla lettura di ieri, dove Gesù guarisce un uomo che è paralitico da 38 anni. Gesù compie quella guarigione di Sabato. Nella lettura di oggi, dunque, viene contestato a Gesù di aver violato il Sabato e Gesù risponde che egli è venuto per fare ciò che fa il Padre: dare la vita. Egli dà la vita per noi, morendo per noi ma prima ancora vivendo per noi. Come il Padre, Gesù ci indica la strada per realizzare in pieno la nostra umanità. Dio ci ha creato pensando a Gesù, avendo il suo Figlio come modello per tutti noi. Gesù ribadisce che Dio ci vuole felici, gioiosi, e si propone a tutti come via per arrivare a questa pienezza di vita. In questa ottica, le opere misericordia non sono tanto delle pratiche per guadagnare punti per il Paradiso e per sentirci a posto, ma sono la strada che ci viene offerta per incontrare e servire il Signore nelle persone degli altri e per scoprire chi siamo davvero.

Arriviamo dunque all’opera di misericordia che mi è stato chiesto di commentare: visitare gli infermi. ‘Infermo’ è una parola che non usiamo volentieri. Indica colui che non è fermo, che non è saldo. Ci mette davanti alla nostra debolezza. Ed è proprio la malattia del nostro tempo, questa illusione di poter star fermi solo sulle nostre gambe, di non aver bisogno di nessuno, di poter essere liberi, autonomi, autosufficienti, senza renderci conto che alla fine, così, ci riduciamo ad essere soli. In fondo a noi stessi, sappiamo bene che non è vero che la felicità sta nella pienezza della forza, della prestazione, della bellezza…. Ma anche se non lo sapessimo, la vita prima o poi ce lo fa sperimentare, attraverso la debolezza, la malattia, le infermità. Visitare gli infermi è dunque davvero una occasione preziosa che ci viene offerta, perché facendoci vicino alla persona che non sta in piedi da sola, capiamo che anche noi non possiamo stare in piedi da soli. L’obiettivo è imparare a sostenerci a vicenda. Ed è bello che visitare gli infermi sia proprio un'”opera”, una cosa da fare: a tale proposito Papa Francesco, nella Bolla di indizione del Giubileo, scrive:  “Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità” (Misericordiae Vultus, § 15).

Ecco visitare gli infermi significa proprio questo: farci prossimi, imparare a conoscere gli altri e noi stessi come persone. Cerchiamo di lasciar da parte le etichette, che tanto spesso assegniamo alle persone che vivono un disagio, e iniziamo a riconoscerle appunto come persone, con il bello che c’è in ciascuno. Dio si fa vicino ad ogni uomo come ad un suo figlio. Farci vicini a chi soffre non sempre significa avere soluzioni efficaci, ma sempre e comunque possiamo “stare con” le persone, esserci, condividere. Visitare gli infermi, con la gratitudine e la consapevolezza che mentre io mi avvicino a chi è in difficoltà, in cambio mi viene regalata la libertà dalla presunzione di essere capace di stare in piedi da solo. L’altro mi insegna a vivere, a fare comunità, a fare strada non da solo ma insieme.