di Luigi Borgiani, direttore

Se ricordate, ci eravamo presi 40 giorni di tempo (il tempo della Quaresima) per resettare la nostra vita cristiana. Il tempo della conversione, quella conversione che non è mai sufficiente se davvero abbiamo a cuore il nostro percorso di fede, il cammino e la vita di annuncio della Chiesa. Non ci stancheremo di richiamarci al fatto che il nostro essere cristiani (che deriva da una vocazione, da una convocazione) è fatto per l’annuncio del Vangelo e, per dirla con S. Paolo, passeremmo guai se non annunciassimo il Vangelo. Ci siamo chiesti: bastano 40 giorni? Ognuno avrà la risposta ma Papa Francesco rilancia. Di fronte al compito di annunciare il Vangelo, a tutti e ovunque, attraverso l’attenzione e la cura di tutte quelle persone e situazioni che hanno bisogno di salvezza, di coloro che non conoscono Cristo; di fronte ai mille drammi che affliggono il mondo (rendendo più difficile il compito), di fronte alla stragi di cristiani, di fronte alle tragedie del Mediterraneo, di fronte allo spreco, di fronte… Francesco ancora una volta alza il tiro, alza il grido e invita, sollecita ad una conversione più concreta, totale. Indìce un Anno Santo Straordinario, un Giubileo della Misericordia per affermare non solo che la misericordia infinita di Dio esiste e agisce ma che è necessaria la nostra collaborazione, il nostro metterci in sintonia con essa. Il mondo arrabbiato, triste, egoista, guerrafondaio, corrotto ha bisogno del Volto della misericordia. Ma siamo noi i rappresentanti della misericordia. “La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona.”

Durante il Giubileo, però, il Papa chiede un segno di risveglio della coscienza collettiva spesso assopita davanti al dramma della povertà. Una povertà estesa, una povertà materiale ma anche morale, culturale; quella miseria interiore che apre le porte all’egoismo, al potere, alla violenza. Risvegliare le coscienze sopite significa guardarsi dentro e chiedersi se davvero siamo cristiani: cristiani che sanno compiere opere di misericordia, essere testimoni di quella Carità che ci deriva da Dio (Deus caritas est!). Nella bolla di indizione del Giubileo il Papa scrive: “È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta sulle opere di misericordia corporale e spirituale“. E raccomanda un elenco di attività: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. “Ci sarà chiesto – sottolinea Francesco – se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle”. Un elenco di “buone azioni” ma anche un invito a comportamenti coerenti che siano una buona azione continua, un essere totalmente decisi per Cristo, senza vergogna, senza paura di denunciare le cose che non vanno, di superare i silenzi che coprono tragedie e nei quali nascondiamo la nostra indifferenza o il nostro comodo. “È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre.

Il Papa torna, nella bolla, sulla piaga della corruzione, che “impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri”. Si tratta di “un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici” e di “un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza”. E, ammonisce Francesco, “nessuno può sentirsi immune da questa tentazione”. Segue esame di coscienza personale! È facile scandalizzarsi, condannare, ma prima è meglio pulire in casa nostra! Corruzione richiama denaro e l’invito a cambiare vita rivolto a chi appartiene a gruppi criminali va inteso anche rivolto a noi, all’uso che facciamo del denaro. Anche nelle piccole cose, in quelle che possono sembrare normali, che non fanno male a nessuno, possiamo contribuire alla corruzione, a quella innocente leggerezza che però alimenta fenomeni più eclatanti. “Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Il denaro non ci dà la vera felicità.”

Siamo invitati ad un supplemento di Carità, quella carità che supera la giustizia e che diventa capace di una grande continuità di opere buone. “Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge. La giustizia da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo ad essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono.”

Ci sono ancora due aspetti del Giubileo che è bene tenere presenti: il primo è il riferimento all’indulgenza. “Nell’Anno Santo della Misericordia essa acquista un rilievo particolare. Il perdono di Dio per i nostri peccati non conosce confini. Nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, Dio rende evidente questo suo amore che giunge fino a distruggere il peccato degli uomini.” Il secondo è il pellegrinaggio, un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza e la Porta santa diventa passaggio che tocca nel cuore e converte. Significativo il fatto che la Porta della Misericordia sia aperta in ogni Chiesa particolare, che sarà così direttamente coinvolta a vivere questo Anno Santo come un momento straordinario di grazia e di rinnovamento spirituale, un segno visibile della comunione di tutta la Chiesa.

In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite… Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo.