di Gigi Borgiani
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Pasqua e primavera si intrecciano. A partire dal Concilio di Nicea (325 d.C.) la Pasqua viene celebrata la domenica seguente al primo plenilunio di primavera. La Pasqua ha radici antiche che troviamo nell’Antico Testamento: dall’offerta di primizie che i pastori nomadi facevano in primavera per propiziarsi le divinità della natura si è passati alla festa per l’uscita dall’Egitto; è questo l’evento fondante del popolo di Dio.

Pasqua è diventato termine che indica “passaggio”. È il passaggio di Dio nella storia, il passaggio del Mar Rosso verso la liberazione, il passaggio di Gesù a Nazareth, il passaggio di Gesù dalla morte alla risurrezione, alla vita. Se vogliamo anche il passaggio di consegne di Gesù a Pietro e di conseguenza alla sua Chiesa, quella Chiesa che oggi noi viviamo come prolungamento della risurrezione, coinvolti in una esistenza che deve essere segno e annuncio di quell’evento, ragione della nostra stessa esistenza.

Fare memoria della Pasqua non è una semplice osservanza religiosa. Pasqua come passaggio è quindi occasione per passare a vita nuova, risorta. E questo può valere per tutti, al di là degli aspetti di fede, di religione. Pasqua è per tutti evento storico e come tutti gli eventi ordinari e straordinari si presenta come motivo di riflessione. Perché tutti siamo chiamati a cambiare qualcosa nella nostra vita se riteniamo di poter far la nostra parte per migliorare questo mondo e la società in cui siamo immersi, ponendo cuore, energie e pensiero, in particolare per coloro che sono esclusi dal mondo, dalla società. Per tutti quindi Pasqua è momento per passare ad un “meglio”, ad un “di più”.

“Meglio”. Il nostro impegno quotidiano può avere risvolti ancor più positivi non solo per le persone che accogliamo e accompagniamo ma anche per noi stessi, per la realizzazione delle nostre capacità, del nostro voler dar senso alla vita e a ciò che facciamo, per quella serenità che aiuta a superare le fatiche.

“Di più”. Non certo per moltiplicare, per aggiungere impegni ma per ricercare, insieme, quei “valori aggiunti” che fanno del nostro “servire” le fragilità un dono per la società, una forte spinta alla coesione sociale, alla tolleranza (quella vera), ad una solidarietà che non sia solo buone azioni, alla convivialità, alla fraternità.

La primavera richiama il rifiorire, il rinnovamento che per ciascuno può essere revisione, risveglio. In questi mesi ci siamo confrontati con i volti della povertà, della carità e della comunità. Una molteplicità di aspetti, di differenze che riguardano ciascuno di noi, le persone e le realtà che avviciniamo. Si potrebbe dire: nulla di nuovo sotto il sole! “Tutto cambia ma nulla sembra cambiare”, afferma il Qohelet (1,9). C’è un avverbio che, tuttavia, può aiutare a cambiare il modo di essere e stare nella realtà che pare immutabile: COME! La novità del passaggio al futuro consiste anche nell’affrontare insieme il come del presente.

Continuiamo a confrontarci con la realtà ma solo insieme si potrà trovare il “come stare”, il “come partecipare” ad un cambiamento, ad un passaggio al meglio e al di più per ciascuno e per tutti. E il primo passo credo che sia quello di rendere i nostri luoghi di accoglienza e condivisione spazi vivi dove imparare a trasformare in realtà e in una presenza efficace i “valori aggiunti” in cui crediamo.