di Luca Feletti

Per Capodanno l’Area Persone Senza Dimora ha improvvisato una piccola festa per gli ospiti dei tre dormitori: Ulivo, Pioppo e Casetta. Tanti dolci regalati e offerti, patatine, focacce e pizze, tutto ricavato da donazioni libere e con un piccolo budget; tanto con poco, appunto. L’occasione non era mangiare, ovviamente, ma stare insieme e dare la possibilità di vivere un momento di ‘normalità’.
In un attimo si è creata una piccola folla multietnica, multirazziale, multiculturale, multireligiosa.

A scaldare gli animi ha iniziato Annamaria che, con una sorprendente voce potente e armonica, ha cantato “L’anno che verrà” di Lucio Dalla. I presenti hanno accompagnato il canto e applaudito con entusiasmo. Poi è stato il turno di Moez, istrionico, un animale da palcoscenico. Ha afferrato un cucchiaio di plastica come fosse un microfono e ha cantato una canzone in arabo: ovazione. Ha poi viaggiato per tutto il globo cantando in francese, italiano e chiudendo con “We are the World” in inglese. Bravo, davvero bravo, tanto bravo che mi sono ripromesso, per questo nuovo anno, di portarlo ai provini di X-factor! Poi ancora Annamaria e ancora Dalla, voce potente e bellissima resa roca dall’emozione e dalla commozione. Commozione per cosa? Boh, per la sua vita, credo, o forse per quelle poche ore di ‘normalità’. Perché la normalità esiste, non facciamo retorica; o meglio, purtroppo, esiste la ‘non normalità’ di persone spesso riconosciute per i loro bisogni piuttosto che per la loro identità.

Stamattina ho incontrato un signore tunisino presente alla festicciola che mi ha detto: “Com’è facile mettere insieme così tanta gente diversa, vero?” Sì, è vero, è drammaticamente vero. Ed è commovente per la sua bellezza. “We are the World”.