di Gigi Borgiani
direttore
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Bene. Il ponte si farà. Diamo credito alle promesse e alle proposte. Apriamo le porte alla speranza. Tra un anno la vita di Genova riprenderà ritmo. Passeremo sul nuovo ponte, via di transito per tutti: via di traffico, di economia, di turismo. Passando sul nuovo ponte ricorderemo il passato, i giorni felici e quelli tragici, ma dovremo guardare anche al futuro. Già. Perché il nuovo ponte non sarà un punto di arrivo ma di ripartenza e allora occorre guardare lontano. Tra un anno non potremo accontentarci di dire: bene, finalmente tutto come prima! Genova crescerà nuovamente solo con occhi nuovi: ci sono altri ponti da costruire. Subito! Non occorrono né architetti né acciaio né cemento né denari. Occorrono pensiero, buona volontà, responsabilità e coesione sociale.

Innanzitutto dobbiamo ricostruire il ponte delle relazioni. Relazioni nuove tra i cittadini, tra i cittadini e le istituzioni, tra i cittadini e la Politica, tra i cittadini e la Chiesa. Relazioni dinamiche che devono tener conto di questioni non banali, e spesso poco conosciute, perché siamo ormai assuefatti a politiche di basso profilo, di corto respiro, ancorate all’oggi, al consenso, all’approssimazione e soprattutto incapaci di una visione globale. Perché la frammentarietà e la parzialità sono inconcludenti. Tante volte ci siamo già detti che dobbiamo esser pronti a “vivere locale e pensare globale”, pronti a pensare al futuro. Il ritornello ricorrente nella Laudato si’ – “Tutto è in relazione” – deve risuonare come il “La” per intonare una musica nuova. Se si vuole una città risorta dobbiamo renderla viva e aperta al mondo.

Per fare questo dobbiamo pensare: quale città vogliamo? Una città del quieto vivere, sicura, che pensa a tutelare se stessa, agli interessi immediati e di comodo, individualista? O una città capace di sviluppo, di sostenibilità, di inclusione? Credo debba finire il tempo del “tutto intorno a te”, del “tutto e subito”, del “di più è meglio” e del “abbiamo sempre fatto così” e si debba invece guardare al futuro. Che fine faranno le nuove generazioni se si continua a vivere di consumo e di spreco e senza investimenti di senso? Non è facile pensare al futuro in tempi incerti e di veloci cambiamenti dei quali forse non ci rendiamo conto o che ci preoccupano e che non sono governati e approfonditi, con competenza, coscienza e lungimiranza.

Di fronte al cambiamento delle circostanze occorre un “cambiamento di mentalità”, una rinnovata consapevolezza e un’assunzione di responsabilità collettiva. È necessario un salto di piano che innanzitutto impegni e coinvolga nella ricerca di nuovi modelli di comportamento, di governance, di economia, di consumo, nel rispetto di ogni uomo, della natura e delle risorse e accorciando le distanze tra i primi e gli ultimi.

In secondo luogo è urgente accelerare il processo per rimuovere le distinzioni tra il “noi” e il “loro”, tra l’io e l’altro. Una umanità nuova e quindi una città nuova saranno possibili solo ampliando la categoria del noi. Le opportunità di miglioramento, di progresso (interpretato non come crescita esponenziale del di più e del meglio a tutti i costi basato su calcoli economici, ma come crescita orientata al benessere collettivo di “tutti noi”) saranno possibili solo attraverso scelte lungimiranti e condivise. Il cambiamento di mentalità richiede una gestione comune della “casa comune”, dove per “gestione comune” intendiamo il pensare e l’agire secondo quei criteri di “ecologia integrale” indicati da Papa Francesco nella Laudato si’(criteri che non fanno altro che rilanciare i principi della dottrina sociale della Chiesa) e per “casa comune” consideriamo l’uomo, una unica famiglia umana che vive con dignità il dono della terra destinata a tutti.

Gli Auguri di buon Anno dunque, non possono che essere l’augurio di ripartire dalla città, come luogo della concretezza, della realtà, delle esigenze e delle necessità delle persone. La città è il “luogo politico” più vicino alla gente, ai cittadini. Non possiamo limitarci ad esserne spettatori, osservatori, clienti, fruitori di beni degli aventi diritto. Ognuno, con le proprie capacità, potrà e dovrà contribuire alla costruzione di una città nuova, integrata, unita, vivibile, sostenibile.

(foto: michele ferraris)