Vie di carità 

di Luigi Borgiani, direttore

Abbiamo ancora qualche giorno per compiere un altro passo oltre. La Quaresima non è un tempo ‘da consumare preferibilmente entro il…’, ovvero entro la Pasqua, ma è un tempo congruo che permette a ciascuno e a tutti di fare il punto, di riflettere sugli elementi del nostro credere e vivere da credenti. All’inizio dei 40 giorni il Papa ci diceva che quando il popolo si converte trova le risposte alle domande della storia. Certamente ognuno avrà trovato risposte di senso, revisione, speranza e gioia e da questo avrà derivato una maggiore attenzione per quelle persone e situazioni che non trovano risposte perché sono lontani da Dio, perché immersi nella totale indifferenza di un mondo che non le considera. Sì, perché per tanti, per troppi, gli altri proprio non esistono (e, dicendo ‘altri’, racchiudiamo tutte le realtà di inequità, di disagio, di sofferenza, di fuga, di abuso, di violenza, etc.). Questa constatazione di indifferenza ci fa stare male e allora sentiamo dentro qualcosa che ci spinge verso gli altri. Non abbiamo risposte per tutti, dobbiamo fare i conti con i nostri limiti ed accettare anche risposte e soluzioni parziali ma con la consapevolezza che il nostro poco si unisce a quello di tanti altri e diventa molto. Insieme diamo vita ad un Popolo che dà vita. È la fotografia del nostro operare, di tante persone che donano tempo e risorse per gli altri.

Per la comunità dei credenti impegnarsi nelle diverse forme di volontariato è un modo concreto per dare risposte al nostro tempo. Siamo tutti chiamati e coinvolti nel rendere attuali le opere di misericordia, a tradurre quelle pagine di Vangelo che ben conosciamo. Lo facciamo con disinteresse, capaci anche di collaborare con tutti, anche con chi non condivide la nostra fede ma con il valore in più di agire da figli di Dio, da trasmettitori del Suo amore. Cristiani, membri della Chiesa e cittadini, siamo chiamati a partecipare alle vicende del territorio in cui abitiamo. Il nostro apporto, frutto di opinioni e scelte condivise, può accrescere in modo attento e costruttivo il bene della città terrena. Una comunità cristiana e missionaria pone attenzione a quella che potremmo definire “carità culturale”. Non meno necessaria e urgente in questo tempo una elaborazione di pensiero che abbia come finalità la crescita delle persone e della società in una visione di bene comune, di giustizia, di convivialità come alternativa al pensiero che uniforma e che dilaga in termini di individualismo, di relativismo, di indifferenza e di una errata concezione di libertà che finisce per contrastare il bene comune.

Gli aspetti di partecipazione e di cultura aprono la comunità al dovere di far crescere e accompagnare persone per un impegno socio-politico. È chiaro a tutti quanto sia necessaria e urgente una azione politica che sappia far fronte a problemi cruciali, quali quello dell’occupazione o dei diritti ad esempio, che sappia portare luce e sostanza in un mondo globalizzato (anche nell’indifferenza!) recuperando e mantenendo vivo il senso di solidarietà, di giustizia e di carità reciproca. Le nostre azioni educative, assistenziali e di promozione umana sono risposte e costituiscono decisamente un punto di riferimento notevole di fronte alle criticità del tempo presente ma rischiano di essere opere buone, di supplenza se non sono inserite in un quadro sociale forte, chiaro, coeso.

L’usura delle forme tradizionali della politica dell’Italia, la crisi della Stato e della identità nazionale, delle forme rappresentative del partito e del sindacato, delle politiche di welfare, dei rapporti capitale-lavoro, rendono il vivere insicuro e disorientato. Se rileggiamo il capitolo quarto dell’Evangelli gaudium troviamo spunti che sollecitano ad un impegno socio-politico positivo e propositivo, disinteressato, libero dal potere, capace di trasformare ritardi, dibattiti ideologici e inutili in azioni concrete. Occorre quindi varcare la soglia che ci separa dalla società, formare e accompagnare persone libere per un servizio al vivere civile, evitando il rischio – come purtroppo spesso accade – di abbandonare chi generosamente si è reso disponibile per un impegno politico.