direttore
Giovedì 20 marzo scorso, a Casa della Giovane, la Fondazione Diesse ha presentato il volume curato da Luca Borzani sui temi del lavoro povero. In tale circostanza sono intervenuto in qualità di direttore di Fondazione Auxilium non solo perché gestiamo Casa della Giovane ma soprattutto perché il lavoro povero è uno dei temi più impattanti anche nella nostra città e sul lavoro sociale che Auxilium porta avanti.
In un articolo pubblicato su Il Secolo XIX, nei giorni successivi, le parole e il tono del mio intervento sono stati interpretati come un “endorsement” a Silvia Salis, candidata alla carica di sindaca, presente all’incontro. Era presente anche l’Assessore alle politiche sociali del Comune di Genova, Enrico Costa. Ho parlato di lavoro povero, di welfare «vecchio e stantio» e ho espresso la “necessità di «ragionare in termini differenti», definendo le strutture per i senza dimora di Genova «dormitori rimasti all’Ottocento»”, come correttamente riporta Il Secolo XIX.
Non sconfesso pertanto quelle affermazioni. Dissento dall’interpretazione. Una interpretazione libera, come è giusto che sia nel lavoro giornalistico ma, per me e per Auxilium, non rispondente alla realtà.
Non voglio difendere Auxilium né me stesso dalla politica. Al contrario: la politica, e in modo particolare le politiche sociali, fanno parte e devono far parte del nostro quotidiano. Non certo per favorire uno schieramento, ma per esercizio di cittadinanza. Non possiamo che essere lieti, infatti, se i temi della povertà e del lavoro povero sono oggetto delle preoccupazioni di chi si candida ad amministrare questa città, di tutti i candidati alla massima carica. Non è mio ruolo, né ecclesiale né pubblico, entrare nel dibattito elettorale. È invece sicuramente mio dovere – e di tutto il Terzo settore di cui Auxilium fa parte – sottoporre all’agenda politica con forza ed efficacia le urgenze della povertà.
Definire poi, come ho fatto, il nostro welfare “vecchio e stantio” e i dormitori per persone senza dimora “ottocenteschi” non significa disconoscere quanto è stato già fatto fino ad oggi. Per essere chiari: da anni il Comune di Genova – sotto diversi colori politici – sostiene un modello compartecipato dagli enti del privato sociale attraverso il Patto di sussidiarietà per le persone senza dimora. Va riconosciuto e fatto conoscere.
E tuttavia, ai futuri amministratori – quale che sia il colore politico – va chiesto di cambiare modello: il modello di welfare, perché si passi con maggior forza dall’assistenzialismo alla promozione delle persone senza dimora; e, nella fattispecie, il modello dei dormitori, che è ottocentesco perché non permette una relazione d’aiuto personale, non coinvolge le comunità sul territorio, non facilita progetti di reinserimento della persona. Oggi abbiamo a disposizione modelli come quello dell’Housing First, a cui Auxilium partecipa, e come le accoglienze per piccoli numeri in cui, oltre al letto e alla cena, la persona trova la relazione con volontari e operatori sociali che fanno la differenza.
Non so se, come si scrive nell’articolo, “il cattolicesimo sociale a Genova guarda da sempre a sinistra”. Certamente, in dialogo da sempre con tutti, il cattolicesimo a Genova guarda a quelle politiche sociali capaci di realizzare una città inclusiva e di porre al centro delle comunità il bene della persona come corresponsabilità condivisa.
In conclusione, ringrazio Il Secolo XIX per il prezioso lavoro giornalistico che assicura alla città e per avermi dato indirettamente l’occasione di esprimere queste riflessioni.
A tutti i candidati e le candidate alle prossime elezioni amministrative, in ogni loro carica futura, chiediamo di tenere i cittadini più fragili al centro della loro azione politica.
“Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare” (Galati, 2,10).