di Gigi Borgiani, direttore
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Come ricorderete, il 9 marzo scorso il Senato ha approvato la Legge Delega attraverso la quale finalmente anche l’Italia, ultimo Paese nell’Unione Europea a dotarsene, ha previsto uno strumento di sostegno alle persone in condizione di povertà assoluta: il REI, Reddito di inclusione. È un primo passo che, a fronte di 4,6 milioni di persone in povertà assoluta, richiede anzitutto di accelerare i tempi per le regole di attuazione e, in secondo luogo, di attuare quelle strategie che consentono di allargare il più possibile il numero di coloro che possono usufruire di questa misura. Misura che, ricordiamo, non è solo economica ma prevede percorsi di accompagnamento e inserimento perché la povertà non si sconfigge con erogazione di reddito ma creando le opportunità per un graduale inserimento attivo e dignitoso nella vita sociale. A questo proposito, può giovare ricordare come anche il Papa nella sua visita a Genova abbia sottolineato che “la mancanza di lavoro è molto più della mancanza di reddito per vivere; l’obiettivo vero da raggiungere non è il ‘reddito per tutti’, ma il ‘lavoro per tutti’! Perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”. Sappiamo che i tempi per i decreti attuativi di una Legge Delega sono lunghi e complessi. In questi giorni il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il decreto attuativo della Legge Delega sul REI ma si dovrà attendere ancora il passaggio alle Camere e il via libera definitivo da parte del Governo. Si prevede che il REI possa diventare esecutivo dal 1° gennaio 2018.
E in questi sei mesi? L’Alleanza contro la povertà in Italia (che raccoglie 37 organizzazioni, tra cui anche Caritas Italiana) vigilerà sui tempi e cercherà di affrettare i passi perché per milioni di persone non si può spostare ancora l’ora di un presente dignitoso e sereno. Nel frattempo, per non vanificare i contenuti dello strumento approvato, occorrerà mettere testa sui percorsi di accompagnamento (soprattutto al lavoro) e d’inclusione, sui servizi di formazione, di cura sociale e sanitaria e sulla prevenzione, perché obiettivo del piano è la “presa in carico della persona e/o del nucleo familiare” con “progetti perzonalizzati” di formazione, educazione, occupabilità.
Il decreto attuativo ha fissato intanto i parametri Isee e i criteri di accessibiltà al REI tra i quali la disponibilità a seguire programmi d’inserimento lavorativo per permettere a chi ne beneficia di non rimanere intrappolato nelle condizioni di bisogno. In questa fase, che ci auguriamo sia solo la prima dell’intero progetto, beneficeranno del REI i “nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza accertata o con persone di età superiore a 55 anni in stato di disoccupazione”. Si tratta di circa 600mila famiglie pari a 1,8 milioni di persone. Il che non è poco se il Governo manterrà alti l’impegno e l’attenzione sul contrasto alla povertà. Chi ha diritto al beneficio ne potrà usufruire per 18 mesi, dopo di che ci sarà un tempo di sospensione e verifica del percorso. È previsto un monitoraggio attraverso una Rete della protezione e dell’inclusione sociale, presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il coinvolgimento del Terzo Settore e delle parti sociali nelle decisioni programmatiche. La Rete si articolerà in tavoli regionali e territoriali, si avvarrà di un Comitato per la lotta alla povertà, come organismo di confronto permanente tra i diversi livelli di governo, e di un Osservatorio sulle povertà, con il compito di predisporre un Rapporto biennale sulla povertà, in cui verranno formulate analisi e proposte in materia di contrasto alla povertà. Decisamente il tutto appare complesso e burocratico ma si spera che di fronte alla gravità della questione povertà si riesca ad operare presto e bene nell’interesse di tutti e con la responsabilità di tutti.