di Gigi Borgiani, direttore (PDF)
In Italia 4 milioni e 598 mila individui vivono al di sotto della soglia di indigenza (dati Istat), con un forte aumento nelle fasce di età più giovani. Per contrastare questa realtà è stato introdotto il Rei – Reddito di inclusione, strumento di sostegno al reddito ma anche di reinserimento sociale, visto che il sussidio dovrebbe essere legato all’impegno di chi lo riceve a formarsi e cercare impiego.
All’interno del DEF, il documento di programmazione economica approvato dal Consiglio dei Ministri, oltre al Rei, è stato introdotto anche il Bes – Benessere equo e sostenibile, un nuovo indicatore del livello di progresso della società elaborato da Istat e Cnel, che tiene conto di una serie di fattori economici, ma anche sociali, ambientali e di uguaglianza e che va ad affiancare il classico Pil all’interno della programmazione dei conti pubblici. Come noto il Pil non misura tutto, tanto meno il reale livello di benessere di un Paese. Il Bes è composto da 12 diverse categorie, dalla salute alle relazioni sociali, dall’ambiente alla qualità dei servizi, e ne misura la variazione annua: dovrebbe garantire minori disuguaglianze e quindi contribuire ad un miglioramento delle condizioni di benessere di molte persone con relativo beneficio per tutti.
Le sigle sono belle ma vanno tradotte, per cui sarà importante verificare che le buone intenzioni abbiano le regole necessarie per la loro realizzazione. Un primo passo, tuttavia, è stato fatto recentemente con la firma del Memorandum tra Governo e Alleanza contro la povertà sull’attuazione del Rei. Il documento, sottoscritto dalle due parti, è stato pubblicato pochi giorni fa e raccoglie il lavoro di confronto tra le 37 organizzazioni dell’Alleanza (tra cui anche Caritas Italiana) e l’Esecutivo su come affrontare alcune delle questioni non ancora ben definite nella legge e che dovranno essere risolte nei provvedimenti attuativi. Superare l’utilizzo esclusivo dell’Isee nel valutare la condizione economica di chi chiede di accedere al Rei; stabilire criteri equi per individuare l’importo del beneficio economico; promuovere meccanismi per evitare che i sussidi diventino trappole; prevedere un finanziamento specifico per i servizi per l’inclusione e un monitoraggio che verifichi l’attuazione della misura su tutto il territorio nazionale. Sono questi i punti chiave del Memorandum.
Il percorso promosso dall’Alleanza contro la povertà è stato lungo e non facile ma oggi si raccolgono i primi risultati: tenere alta l’attenzione attraverso gli elementi descritti è un segno di speranza che incoraggia il nostro obiettivo, non solo quello generico di contrastare e abbattere la povertà, ma soprattutto quello di passare dall’assistenza a forme di inclusione e appartenenza sociale più dignitose.