Vincere, conquistare… Sembrano termini di guerra ma, alla luce del Vangelo e delle parole del Papa sono verbi che sollecitano, riprendendo S. Paolo, a combattere la buona battaglia e a conservare la fede. Già, perché di fede e delle opere di fede si tratta. È in nome e in forza della fede che ci impegniamo ogni giorno a perseverare nell’incontro con il Signore e a testimoniare questo incontro nel prenderci cura dei fratelli. Purtroppo però molto spesso anche tra chi si professa cristiano prevale un atteggiamento “alla Caino”. Non si uccide ma ci si volta dall’altra parte. “Che c’entro io?” “Che colpa ne ho?” “Perché mi devo scomodare?” “Non c’ero o, se c’ero, dormivo”. Sono gli atteggiamenti del “tutto scontato”, della rassegnazione e dell’indifferenza sia nella relazione con Dio sia in quella con i fratelli. Come discepoli di Cristo (il Papa cita la Gaudium et spes) non possiamo tradire identità e fede e quindi non avere piena consapevolezza che tutto è in relazione. Torna, nel Messaggio per la 49° Giornata Mondiale della Pace, il motivo della relazione globale che coinvolge nella sua interezza l’uomo e le cose, l’uomo e il creato.
“L’indifferenza verso Dio – scrive il Papa nel Messaggio – supera la sfera intima e spirituale della singola persona ed investe la sfera pubblica e sociale” e si arriva alla globalizzazione dell’indifferenza che ormai ha coinvolto il mondo nonostante l’invasione delle informazioni, delle notizie: sempre più informati ma forse anche assuefatti, annoiati. C’è poi la predominanza del consumismo che rende meno attenti agli altri e alle loro questioni e sempre più concentrati sull’individuo. “A livello individuale e comunitario l’indifferenza verso il prossimo, figlia di quella verso Dio, assume l’aspetto dell’inerzia e del disimpegno, che alimentano il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale, le quali, a loro volta, possono condurre a conflitti o, in ogni caso, generare un clima di insoddisfazione che rischia di sfociare, presto o tardi, in violenze e insicurezza. In questo senso l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune, in particolare alla pace, che è uno dei beni più preziosi dell’umanità.”
Come credenti, abbiamo il dovere della cura della casa comune. “Non possiamo cedere all’intorpidimento e alla spensierata irresponsabilità” (Laudato si’, 59). Ecco perché “è determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia” (Bolla indizione Anno della Misericordia). “Così – leggiamo ancora nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace – anche noi siamo chiamati a fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento nelle nostre relazioni gli uni con gli altri. Ciò richiede la conversione del cuore: che cioè la grazia di Dio trasformi il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cfr Ez. 36,26), capace di aprirsi agli altri con autentica solidarietà. Questa, infatti, è molto più che un «sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane» (Sollecitudo rei socialis). La solidarietà «è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (ibid.), perché la compassione scaturisce dalla fraternità. Così compresa, la solidarietà costituisce l’atteggiamento morale e sociale che meglio risponde alla presa di coscienza delle piaghe del nostro tempo e dell’innegabile inter-dipendenza che sempre più esiste, specialmente in un mondo globalizzato, tra la vita del singolo e della sua comunità in un determinato luogo e quella di altri uomini e donne nel resto del mondo”.
Leggendo il messaggio di Papa Francesco ancora una volta siamo messi di fronte a scelte precise. Pronunciare con coerenza “Venga il tuo Regno!” o lasciare che “regni l’indifferenza”? Abbiamo già lasciato troppi spazi all’individualismo, al relativismo. Abbiamo smesso di custodire e coltivare il giardino che ci è stato affidato. Come la massa schiava del pensiero unico e omologante. Ci siamo lasciati invadere dalla paura che altri possano occupare gli spazi (valori) che noi abbiamo abbandonato. Abbiamo troppo facilmente delegato ad altri il dovere del bene comune, della cura della casa comune.
Ancora una volta il Papa scrive dell’urgente atto di giustizia rappresentato dal dare a ciascuno “tetto, terra, lavoro”. Non possiamo trastullarci con una forma di speranza travestita che ribalta tutto sulla Misericordia del Signore. Questa Misericordia ha bisogno della nostra conversione e delle nostre opere. Dal Messaggio ancora una volta riceviamo stimoli per gesti concreti: per i poveri, i carcerati, i migranti. Ma ci sono anche gli spazi dell’educazione e della comunicazione che interpellano tutti e ciascuno.
Uno dei progetti di Auxilium per il prossimo anno ci impegnerà nel Centro Storico proprio per integrare le varie condizioni e situazioni di vita: perché tutto è collegato e dobbiamo tener conto non solo dell’ascolto, dell’assistenza ma anche delle relazioni tra le persone, dell’integrazione tra popoli e culture diverse, dell’occupazione, del sostegno alle famiglie, dell’educazione dei ragazzi e dei giovani, della cultura e della informazione. Un impegno a 360 gradi per combattere l’indifferenza, per creare opportunità di impegno per chi ha buona volontà, per chi desidera vivere un anno di fraternità e di speranza.