di Luigi Borgiani, direttore
Non è facile, di questi tempi, scegliere cosa scrivere e come scrivere. Ci sono tali e tante questioni che meriterebbero più di una riflessione, più di qualche riga. Può essere però utile tentare di creare un orizzonte per uno sguardo sul mondo, per cambiare le lenti con le quali troppo spesso pensiamo di vedere ma non riusciamo a distinguere. E l’orizzonte, in questo periodo di Avvento, si apre davanti a noi nella luce dell’Anno giubilare della Misericordia che inizia e prende avvio nella dimensione dell’Incarnazione. Non possiamo nascondere tutto dietro le buone parole e le buone intenzioni. Per noi credenti si tratta di vivere questo momento all’insegna della conversione. E non possiamo neppure nasconderci dietro ai piccoli gesti, a quelle buone azioni con le quali pensiamo di consolare e consolarci. Certo, anche Papa Francesco richiama di frequente il punto di partenza delle piccole cose; è sufficiente in proposito riprendere alcuni passi della enciclica Laudato si’. Ma è fondamentale che alla base di tutto ci sia una decisione definitiva all’incontro costante e rinnovato con il Signore, così come Papa Francesco sollecita nell’incipit della Evangelii gaudium. Solo con un orizzonte di conversione radicale è possibile guardare il mondo non solo senza vergognarci di farne parte ma con l’impegno (dovere) di prendersene cura.
Sfogliando il giornale non si vede l’ora di arrivare alle previsioni del tempo, sperando che qualche raggio di sole rassereni la nostra vita… e si volta pagina. Ma resta una realtà da convertire se davvero vogliamo evitare la distruzione. E qui si colloca la nostra decisione di vivere il tempo presente di attesa (Avvento) e di Misericordia, ovvero il tempo favorevole per cambiare. Non possiamo nascondere dentro ad un cassetto i tesori della nostra fede; non possiamo chiudere nel timore, nella sfiducia e nella pigrizia, i doveri che derivano dalla fede. Con pazienza, chiedendoci perdono per colpe e omissioni, ancora una volta ascoltiamo il grido del Papa che anche in Africa, Povero con i poveri, ha chiesto casa, terra e lavoro per il mondo intero. Sono questioni vitali che ci riguardano; sono la porta attraverso la quale passano giustizia e pace.
In questi mesi stiamo assistendo ad un timido passo avanti relativo all’accoglienza. Si è aperta qualche porta per dare ospitalità e calore a persone profughe ma occorre estendere ad altri. È iniziato il tempo della cosiddetta “emergenza freddo” per le persone senza dimora ma occorre passare dall’assistenza di emergenza all’accompagnamento capace di rigenerare vite e persone spezzate. Sono piccoli gesti che richiedono però di confrontarci e di reagire in una realtà più ampia.
Così non possiamo distogliere lo sguardo da quanto sta avvenendo a Parigi con la Conferenza mondiale sul clima. Certo ci aspettiamo regole convenienti e soprattutto rispettate, ci aspettiamo che Cina ed altri Paesi si impegnino di più, che le energie rinnovabili siano perseguite non solo da alcuni ma da tutti. Ci rendiamo conto che non si tratta solo di impedire che tra qualche anno la Pianura Padana sia invasa dall’acqua ma di creare un clima di giustizia, di non distruggere il creato che deve (dovrebbe) essere giardino e fonte di vita per ogni uomo.
Non possiamo rassegnarci alla paura della violenza sempre purtroppo in prima pagina. In questi tempi di terrore in cui si alimentano contrasti sempre più bellicosi, paura e sicurezza si intrecciano in una dimensione di disorientamento. Ma chi ha davvero voglia e passione di quella giustizia che è il solo orizzonte possibile per l’umanità? O vogliamo aspettare un mondo pulito e lavato con sangue innocente che origina da un odio insensato e violento ma anche tollerato? Su un giornale qualche giorno fa ho visto una foto emblematica: una colonna di fuoristrada nuovi fiammanti (di una notissima casa automobilistica) in marcia verso Sirte con a bordo miliziani del Daesh! Qualcuno glieli avrà pur venduti! Da un lato continuiamo a parlare di lotta al terrorismo, si proclama guerra, dall’altro vediamo che le forze del terrore sono benevolmente assecondate dai soliti interessi e dalle connivenze di stati che piangono ma intanto si fregano le mani e contano i dollari. È un gioco d’azzardo. Si scommette e si lucra sempre sulla pelle degli altri.
E noi? Non possiamo stare a guardare. L’amore per l’uomo deve vincere a partire dalle nostre strade, dalla nostra città. Dal nostro imparare a unire piccolo e grande: locale e globale. Come attendiamo e ci prendiamo cura di un Bambino che viene per l’uomo, dobbiamo prenderci cura degli uomini che stanno con noi. Lasciamoci convertire dal Bambino che viene per salvare il mondo, lasciamoci lavare da Cristo e dalla domanda di fraternità che si alza da tutti i poveri del mondo.