di Gigi Borgiani, direttore
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Anche l’incontro di Papa Francesco con i sacerdoti consacrati e religiosi/e non si può considerare esclusivo. Nelle parole del Papa ci sono tanti spunti per la riflessione personale perché il modo di essere da credenti nella storia non è poi tanto diverso, che si tratti di persone consacrate o di “laici”. E l’incipit di Francesco è chiaro: “Io dirò che più imitiamo lo stile di Gesù, più faremo bene il nostro lavoro di pastori.” Ma lo stile di Gesù è paradigmatico anche per noi laici se davvero consideriamo la nostra vita come “dono di sé”, come vita da spendere per il Vangelo.
Parole come “fraternità” sono universali. Come ha detto Papa Francesco: “Fraternità: è una bella parola, ma non si quota nella borsa dei valori. È tanto difficile, la fraternità, tra noi. È un lavoro di tutti i giorni, la fraternità presbiterale”. Ma è lavoro di tutti i giorni per tutti, a cominciare dalla famiglia, dai gruppi, dalle comunità, dallo “stare con”. Siamo quindi chiamati tutti ad imitare Gesù che, come narrano i Vangeli, è un Gesù in cammino, in mezzo alla gente, la “folla”. Un Gesù – ha ricordato il Papa – che vive “l’incontro con il Padre e l’incontro con le persone. La maggioranza delle persone che Gesù incontrava era gente che aveva bisogno, gente bisognosa – malati, indemoniati, peccatori – anche gente emarginata, lebbrosi. E l’incontro con il Padre. Nell’incontro con il Padre e con i fratelli, lì si dà questa tensione: tutto si deve vivere in questa chiave dell’incontro.” Ecco: la pastorale dell’incontro, delle relazioni che trova luce e dimensione in un’altra parola determinante ripetuta da Papa Francesco: “La diocesanità. Più che una parola, è una dimensione della nostra vita di Chiesa, perché la diocesanità è quello che ci salva dall’astrazione, dal nominalismo, da una fede un po’ gnostica o soltanto che ‘vola per aria’. La diocesi è quella porzione del popolo di Dio che ha un volto. Nella diocesi c’è il volto del popolo di Dio. La diocesi ha fatto, fa e farà storia. Tutti siamo inseriti nella diocesi.” Una Chiesa viva e in missione è quindi possibile solo se tutti ci sentiamo inseriti, uniti e convertiti.
Sì, perché una Chiesa dal volto nuovo esige sia come preti e religiosi/e sia come laici “una conversione pastorale, una conversione missionaria. Vi invito a prendere quei passi della Evangelii gaudium che parlano di questo, sulla necessaria conversione missionaria, e questa è una testimonianza che attira vocazioni”. Il tema della vocazioni è punto essenziale ma queste nascono da comunità vive, credibili, disponibili. Disponibilità. Altra parola forte e stimolante : “Una disponibilità ad andare dove c’è più rischio, dove c’è più bisogno, dove c’è più necessità. Non per curare se stessi: per andare a donare il carisma e inserirsi dove c’è più necessità. La parola che uso spesso è periferie, ma io dico tutte le periferie, non solo quelle della povertà, tutte. Anche quelle del pensiero, tutte. Inserirsi in esse”. Papa Francesco ha concluso con l’invito al “linguaggio dei gesti! Ma soprattutto il linguaggio della testimonianza dell’amore! Guarda, anche senza parole, tu puoi attrarre gente. La testimonianza è decisiva nelle vocazioni.”
“Affinché la nostra fede non sia teorica, ma sia pratica” è necessario “essere dentro il fiume”, ha detto il Papa citando il card. Canestri. Essere insieme. Per questo noi laici guardiamo alla testimonianza dei nostri sacerdoti, dei religiosi e delle religiose ai quali non chiediamo di essere imprenditori, organizzatori o “preti google o wikipedia che sanno tutto” ma persone di preghiera, di incontro, di ascolto, capaci di interessarsi all’altro e alle questioni della gente, capaci di accompagnare, di condividere il linguaggio dei gesti. “Tu, sacerdote, ti incontri con Dio, con il Padre, con Gesù nell’Eucaristia, con i fedeli: ti incontri.” Il pranzo del Papa alla Guardia con i “poveri” ci apre gli occhi sulle tante realtà di disagio presenti nella nostra città. Quotidianamente, come Fondazione Auxilium, offriamo pasti e posti letto ma è sempre più necessario “stare con” coloro che purtroppo hanno bisogno di queste opere di misericordia. Sono l’occasione per il linguaggio dei gesti. Ci sono già alcuni sacerdoti che vengono a coprire i turni nelle accoglienze notturne per persone senza dimora al Monastero dei SS. Giacomo e Filippo: c’è spazio per tutti!
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(foto in copertina: www.chiesadigenova.it)