di Gigi Borgiani
direttore Fondazione Auxilium

19 novembre 2023. La Giornata Mondiale dei Poveri giunge alla sua settima edizione. Potremmo dire: ormai è una consuetudine mentre in realtà è una sana provocazione, per aiutarci a riflettere sui nostri stili di vita e sulle tante povertà del momento presente. “Non distogliere lo sguardo dal povero”: questo il titolo della giornata.

POVERTA' E' VOCAZIONE A SEGUIRE GESU' POVERO

Ci possono aiutare le parole di Papa Francesco nel messaggio per la prima Giornata dei Poveri (2017): “Non dimentichiamo che per i discepoli di Cristo – e noi lo siamo? ndrla povertà è anzitutto una vocazione a seguire Gesù povero. È un cammino dietro a Lui e con Lui, un cammino che conduce alla beatitudine del Regno dei cieli (cfr Mt 5,3; Lc 6,20). Facciamo nostro, pertanto, l’esempio di san Francesco, testimone della genuina povertà. Egli, proprio perché teneva fissi gli occhi su Cristo, seppe riconoscerlo e servirlo nei poveri”. 

Il secondo passo sarà quello di capire, con l’aiuto della comunità, se il nostro volto riflette quello di Gesù povero che invita ad assumere i tanti volti della povertà di oggi a partire dalla nostra povertà, dall’atteggiamento del cuore, dall’umiltà, dal corretto uso dei beni, del tempo e dell’agire o meglio del testimoniare, non solo in termini di aiuto e servizio ma in termini di fraternità. Quella fraternità universale che Francesco sollecita nella Fratelli tutti.

POVERTA' EDUCATIVA, CULTURALE E INTELLETTUALE

L’amore ai poveri e agli ultimi è tema affrontato anche nei lavori della prima sessione del Sinodo da poco conclusasi. Nella relazione di sintesi si legge:Non c’è un solo genere di povertà. Tra i molti volti dei poveri vi sono quelli di tutti coloro che non hanno il necessario per condurre una vita dignitosa”. Segue un breve elenco delle realtà più note ma – prosegue la relazione – “a fianco delle molte forme di povertà materiale, il nostro mondo conosce anche quelle della povertà spirituale, intesa come mancanza del senso della vita”. 

A questo punto si innesta la semplice considerazione che non si è poveri solo se mancano mezzi materiali. Possiamo dire che la povertà materiale è la conseguenza di altre povertà e tra queste quella intellettuale, educativa e culturale. Possiamo definire la prima come l’incapacità di comprendere la realtà, ciò che accade nella storia di ogni giorno e che inevitabilmente ci riguarda e che interpella il nostro essere nella storia; come l’omologazione di pensiero che si adegua alle mode e agli slogan, spesso fino ad arrivare ad adeguare l’essere cristiano alle suggestioni del momento, la non conoscenza del bene comune e il vivere nella metafora del tutto “intorno a me”, vivere secondo materia. La povertà educativa è carenza di relazioni, è mancanza di educazione civica, di istruzione, di conoscenze, è poca chiarezza di ruoli e compiti di chi ha responsabilità educative, è assenza di alleanza tra chi educa (ad es. scuole e famiglia), è mancanza di orientamento e di trasmissione di valori. Sono tutti elementi che sono una porta aperta a condizioni di disagio e miseria.

Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione. (Francesco, Laudato si’, 202).

POVERTA' ED IMPEGNO POLITICO E SOCIALE

Amore e attenzione ai volti della povertà deve essere tradotto in gesti concreti ma anche in impegno sociale e politico. Ciò che è proprio del cristiano non è solo la risposta al bisogno ma la liberazione dal bisogno, l’affrancamento da ogni dipendenza. Accogliamo, accompagniamo al banchetto della vita il povero perché diventi un fratello libero e responsabile. Ma dobbiamo animare, promuovere una presenza dei cristiani nella vita civile e nello spazio della politica. Le nostre comunità devono interrogarsi sulle cause dell’impoverimento.

L’impegno della Chiesa deve arrivare alle cause della povertà e dell’esclusione” delle dipendenze, delle disuguaglianze, ricorda ancora la Relazione di Sintesi del Sinodo. Ascoltare il grido della terra e il grido dei poveri e dell’umanità, partecipare attivamente alla costruzione del bene comune e alla difesa della dignità della vita, alla cura della casa comune attingendo ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa.

Tutto questo comporta “l’azione per tutelare i diritti di poveri ed esclusi e può richiedere la denuncia pubblica” e “profetica delle situazioni di ingiustizia e l’azione di pressione nei confronti dei decisori politici delle ingiustizie, siano esse perpetrate da individui, governi, aziende o strutture della società” (Relazione di Sintesi). 

Alla complessità della realtà, dobbiamo rispondere con una complessità di pensiero, di atteggiamenti, di azioni orientate a contrastare innanzitutto le varie forme di povertà ma anche, e ritengo che oggi sia una priorità, a contrastare individualismo ed indifferenza. Creare condizioni di vita buona dove sia la cultura del consumo e dello spreco ad essere emarginata; dove ogni aspetto della vita umana anche nelle situazioni più critiche non sia trattato come emergenza o assistenza.

MENSA EUCARISTICA E PRANZO IN TAVOLA CON I POVERI

Per la Giornata mondiale dei poveri il papa invita a condividere il pranzo domenicale con i poveri, dopo aver condiviso la Mensa eucaristica: “Se intorno all’altare del Signore siamo consapevoli di essere tutti fratelli e sorelle, quanto più diventerebbe visibile questa fraternità condividendo il pasto festivo con chi è privo del necessario!”

Francesco, nel Messaggio, prende spunto dal libro di Tobia, la cui cecità “diventerà la sua forza per riconoscere ancora meglio tante forme di povertà da cui era circondato. Siamo chiamati a incontrare ogni povero e ogni tipo di povertà, scuotendo da noi l’indifferenza e l’ovvietà con le quali facciamo scudo a un illusorio benessere”.

In breve possiamo affermare che da parte nostra (mi riferisco a coloro che condividono la Mensa eucaristica) ogni forma di povertà è inammissibile e intollerabile. I poveri non sono numeri ma persone di pari dignità che hanno diritto alla vicinanza, alla prossimità, alla considerazione di non essere un peso, una categoria o peggio uno scarto, un fastidio, un’emergenza.

NON GIOVA RIMANERE PASSIVI!

Già, un’emergenza continua! Il richiamo del Messaggio alla Pacem in terris esprime chiaramente che in questi 60 anni lo sguardo è stato “distolto” dalla povertà. Non si è fatto abbastanza! “Quanto lavoro abbiamo ancora davanti a noi perché – scrive Francesco – le parole della Pacem in terris diventino realtà, anche attraverso un serio ed efficace impegno politico e legislativo! Malgrado i limiti e talvolta le inadempienze della politica nel vedere e servire il bene comune, possa svilupparsi la solidarietà e sussidiarietà di tanti cittadini che credono nel valore dell’impegno volontario di dedizione ai poveri. Si tratta certo di stimolare e fare pressione perché le pubbliche istituzioni compiano bene il loro dovere; ma non giova rimanere passivi in attesa di ricevere tutto ‘dall’alto’: chi vive in condizione di povertà va anche coinvolto e accompagnato in un percorso di cambiamento e di responsabilità.

C’è del lavoro da fare e se da una parte occorrono e si fanno sempre più urgenti interventi di tipo governativo, legislativo e aiuti finanziari ed economici, dall’altra parte è necessario insistere sulla dimensione culturale, su una più ampia partecipazione popolare capace di promuovere il cambiamento di una mentalità di indifferenza o di disprezzo che porta all’emarginazione, al silenziare i temi reali e scomodi che riguardano davvero le persone.

CONDIVIDERE PER COSTRUIRE LA PACE SULLA TERRA

Viviamo un momento storico che non favorisce l’attenzione verso i più poveri. Il volume del richiamo al benessere si alza sempre di più, mentre si mette il silenziatore alle voci di chi vive nella povertà. Si tende a trascurare tutto ciò che non rientra nei modelli di vita destinati soprattutto alle generazioni più giovani, che sono le più fragili davanti al cambiamento culturale in corso. Si mette tra parentesi ciò che è spiacevole e provoca sofferenza, mentre si esaltano le qualità fisiche come se fossero la meta principale da raggiungere. La realtà virtuale prende il sopravvento sulla vita reale e avviene sempre più facilmente che si confondano i due mondi. I poveri diventano immagini che possono commuovere per qualche istante, ma quando si incontrano in carne e ossa per la strada allora subentrano il fastidio e l’emarginazione. La fretta, quotidiana compagna di vita, impedisce di fermarsi, di soccorrere e prendersi cura dell’altro. La parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,25-37) non è un racconto del passato, interpella il presente di ognuno di noi. Delegare ad altri è facile; offrire del denaro perché altri facciano la carità è un gesto generoso; coinvolgersi in prima persona è la vocazione di ogni cristiano”.

Perché la Giornata mondiale dei poveri non si concluda superficialmente credo si debba cogliere l’invito a condividere il pranzo domenicale! Un invito che, in relazione a quanto scritto, non si limita al pranzo in senso stretto ma a condividere quanto possediamo in beni, tempo e competenze per affrontare quei temi che sono causa di povertà: nel Messaggio, il papa insiste sul tema del costo della vita, del lavoro, della precarietà, della salute, del disagio dei giovani. 

Di fronte al povero non si può usare indifferenza né retorica né delega della carità né illusione. Il messaggio che ci viene dal libro di Tobia è innanzitutto un testamento che il padre lascia al proprio figlio e una trasmissione di contenuti importanti che non si possono e non possiamo dimenticare. Contenuti da condividere, su cui dialogare nelle comunità, di fronte a “un fiume di povertà che attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte”. Comunità che si riuniscono per una eucarestia che si fa pane spezzato con ogni essere umano.

 Scriveva Papa Giovanni XXIII nel 1963: “Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; e ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà” (Pacem in terris, n. 6).