di Gigi Borgiani
direttore

Si apre il periodo della convalescenza per coloro che hanno sopportato  la malattia e ne sono usciti ed anche per tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno sopportato i disagi di questi mesi. Per chi ha subito il peggio, il tempo di convalescenza è quanto mai opportuno per riprendere forze, per evitare ricadute. Per tutti, credo che dopo mesi di distanziamento sia quanto mai opportuna la convalescenza per non cadere negli errori del passato (recente), per prendere quel vigore morale che può davvero aprire le porte ad una nuova stagione.

Abbiamo già detto dei rischi che si corrono invocando il ritorno alla “normalità”: evitiamo le ricadute! Abbiamo già declinato parole positive. Ma dai primi momenti della Fase 2 abbiamo già notato un po’ di disordine, di confusione, di rincorsa a riappropriarsi di ciò che era, di ciò che si aveva.

Unità! Finita la paura e l’insicurezza ritorna l’ansia, la fretta di consumo. Sembra che ognuno esca di casa, sì, ma per rientrare nella casa vecchia, nelle abitudini di prima. Unità: ma ad iniziare dalla politica si nota il voler ritornare ai dissapori di prima, ai contrasti che non fanno bene. Manca la ricerca delle prospettive di bene comune. Può sembrare retorica ma oltre a quello che può avviare una ripresa occorre ristabilire (è questo il senso della convalescenza) relazioni costruttive che consentano davvero di pensare un futuro nuovo.

Unità in questi tempi ha significato anche “digitalità”. Iperconnessi. Quanti contatti! Ma quali relazioni? La rete è stata di supporto, elemento di collegamento, di comunicazione ma ha rivelato anche il bisogno dello stare insieme, dell’essere coinvolti. Il bisogno di una comunità non virtuale che non si basa sullo scambio di opinioni fluttuanti, di istantanee, ma che esprima legami di tempo, di impegno, di fiducia, di senso e di responsabilità.

Unità è anche il superamento della frammentazione. Il distanziamento è “sociale” non tanto perché riguarda tutti ed evita contagi ma perché evidenzia le distanze tra realtà complesse, diverse, a volte contrastanti e conflittuali. Se dobbiamo mantenere le distanze per questioni di salute, dobbiamo superarle per guardare l’intersezione delle questioni. La rete non aiuta a superare le distanze tra persone ed ambiente, tra lavoro ed istruzione, tra economia e impoverimento.

Quanti aspetti ignorati (perché fanno parte del “non mi riguarda”) sono emersi in queste settimane! Il bisogno di aria ha messo ancora una volta in evidenza i cambiamenti climatici. Quale aria? Quale sostenibilità? Il lavoro ha dimostrato tutta la sua precarietà così come la scuola ha fatto emergere non solo il bisogno di una costante istruzione ma una voglia di crescere insieme, di imparare, di un nuovo rapporto tra studenti e docenti. L’economia, lo sviluppo sono saltati. Il modello non funziona e il crescente impoverimento non può essere contenuto con misure temporanee senza strategie a lungo termine.

Unità riguarda anche le nostre comunità cristiane. Spesso (troppo spesso) frammentate e non connesse al loro interno. Custodi di una prassi autolimitante, non certo di comunione e non certo in uscita. Comunità che diventano periferie di sé stesse perché ripiegate in una sorta di autoconservazione e di protezione (per niente globali!), credenti e non professanti. Comunità a metà dove lo spezzare il pane resta chiuso. Il digiuno eucaristico forzato di queste settimane dovrebbe aver facilitato la consapevolezza di una Eucaristia non personale ma comunitaria e soprattutto non distanziata ma diffusiva, contagiosa sulle strade e tra le case dove zombie orfani di senso e di speranza vagano per trovare una via che valga la pena di essere percorsa per non essere vittime di virus funebri.

Le nostre comunità dovrebbero (ora!) ripensarsi e pensare quali strade tracciare perché quanto ascoltiamo e predichiamo sia un modello nuovo. Si ha l’impressione che ci siano questioni che non interessano, che “se ne devono occupare altri”! Non illudiamoci che le gare di solidarietà e la generosità risolvano. Ci sono urgenze che vanno “rispettate”, perché dobbiamo fare in modo che nessuno tra noi sia bisognoso ma comprendiamo bene che ci troviamo (ancora una volta) di fronte ad un processo che richiede pensiero, confronto, lungimiranza. Forti della fede che non delude, senza lasciare il timone a chi si veste di giustizie e beni apparenti.

In Fondazione abbiamo avviato un percorso “multidisciplinare” di riflessione e di scambio per individuare gli scenari possibili in cui inserire la nostra attenzione alle fragilità e i bisogni. Tentativo per valutare con occhi nuovi una realtà “uguale ma diversa”, perché non è solo legata a disagi materiali ma oggi più che mai coinvolge tutti e ha fatto emergere elementi per troppo tempo disattesi. Con la preghiera e con la vigilanza dello Spirito contiamo di condividere prospettive di vera unità e ripresa, di presentare al nostro nuovo Vescovo non strutture che accolgono e sostengono ma comunità che condividono e promuovono.

(Foto: Pedro Kümmel – Unsplash)

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